La Mela Maria Cecilia
Alla scuola della sofferenza
2022/11, p. 16
Nessuno è esentato dalla frequenza di una scuola di preghiera tutta particolare, quella della sofferenza sia fisica che morale. Se le prove della vita sono accettate con amore, come adesione ad un progetto divino che porta con sé miracoli di grazia, allora essa diventa non soltanto tollerabile, anche se rimane terribile e per tanti fratelli e sorelle persino schiacciante, ma addirittura diventa feconda.

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Alla scuola della sofferenza
Nessuno è esentato dalla frequenza di una scuola di preghiera tutta particolare, quella della sofferenza sia fisica che morale. Se le prove della vita sono accettate con amore, come adesione ad un progetto divino che porta con sé miracoli di grazia, allora essa diventa non soltanto tollerabile, anche se rimane terribile e per tanti fratelli e sorelle persino schiacciante, ma addirittura diventa feconda. Così leggiamo nella Lumen gentium: «Anche le molestie della vita, se sono sopportate con pazienza, diventano offerte spirituali gradite a Dio attraverso Gesù Cristo; nella celebrazione dell’Eucaristia sono in tutta pietà presentate al Padre insieme all’oblazione del Corpo del Signore» (n. 34). È l’offerta del proprio e altrui dolore che diventa addirittura una missione che apre ad un qualcosa di più grande che trascende e vivifica l’umano soffrire: «Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1, 24).
Sono tantissimi gli esempi di vita donatici da molti cristiani che hanno saputo trovare nelle loro malattie e nelle loro prove una via privilegiata per arrivare a Dio e alla pienezza della loro umanità. Segnaliamo qui la vicenda di Laura Salafia, la studentessa originaria del siracusano vittima innocente di una sparatoria avvenuta il 1° luglio 2020 appena uscita dall’Università proprio vicino al nostro monastero. Da allora grazie a Laura, rimasta paralizzata ma capace di donare a tutti il suo sorriso, la nostra comunità monastica si è arricchita di una amicizia che ci stimola con il fulgido esempio di fortezza e tranquillità.
«In quei giorni avevo una pace grande, inspiegabile, e una serenità che lasciava tutti disarmati e impressionati. Non ho mai pensato con odio alla persona che ha commesso il reato, non ho nutrito spirito di vendetta nei suoi confronti, né lo giudico, perché non devo essere io a farlo […]. La mia vita è cambiata radicalmente, non posso fare tutto ciò che in passato mi era possibile. Oggi mi trovo a vivere una vita parallela. Tuttavia, nonostante le difficoltà, sono felice dell’opportunità che mi viene data, perché la vita è un dono prezioso e in qualsiasi condizione vale la pena viverla […]. Nella mia condizione cerco di testimoniare il valore di ogni attimo […]. La fede è un mistero: o la si accetta in qualunque situazione o non la si accetta affatto. Spesso non avrai risposte anche quando stai bene. Devi credere come atto di abbandono a Dio». Laura, che scrive avvalendosi di un particolare programma di word che si attiva con la voce, ha scritto anche a papa Francesco raccontando la sua storia e la forza che le viene da Gesù avvertito come presenza costante e che la spinge ad andare avanti. Lei prega sempre non per se stessa ma per gli altri, a quanti a lei si affidano e il suo letto è un altare che da una piccola stanza dal centro di Catania si allarga sul mondo intero. È la grazia che le viene dal Signore, la forza della preghiera, il sostegno dell’amore, l’audacia del perdono.
Infine si vorrebbe accennare alla pandemia da Covid-19 ancora in atto che ha toccato e tocca tantissime persone. Se qualcosa di buono sul piano spirituale porta questo tipo di malattia legata ad un virus imprevedibile e sempre mutevole, subdolo e veloce, fino ad ora invincibile e insidioso, è proprio quella di una accresciuta conoscenza della nostra fragilità creaturale ancor più in una società ammaliata dal progresso e dalla tecnologia tanto da credersi ormai invulnerabile e potente. Sino a correre il rischio di dimenticarsi che l’uomo è “fatto di terra” (salmo 9) ma grazie a Dio vivificato dal soffio vitale del Creatore!
Così scrive Maristella Leandrin in Il giardino dei semplici incentrato proprio su quanto da tre anni circa stiamo vivendo: «Ci si sente fragili e soli, eppure ci si sente esattamente come si è: oserei dire, come ci si dovrebbe sentire almeno ogni tanto lungo il tragitto “normale” (quello senza pandemie di sorta) della nostra vita, per tornare a comprendersi come esseri umani […] perché quando si è fragili ci si guarda anche meglio e più spesso dentro, e si riesce talvolta a essere un po’ più sinceri, anche con se stessi […]. Si comprende di dipendere dagli altri, o per lo meno di essere grati nel momento in cui, in qualsiasi modo, si prendono cura di noi. La fragilità non è poi un gran male, se c’è qualcuno a prendersi cura di noi». E soprattutto «sentiamo la vita. Ci scorre dentro. E non c’è niente di scontato in tutto questo. È una grazia e un miracolo. Va colto, preservato, raccontato e ricordato. Sempre, al di là di ogni bene e di ogni male».
Accettare di non essere super eroi, ma semplicemente ciò che siamo, è un passo necessario per aprirci all’azione di Dio nella nostra quotidianità. Nonostante, e proprio a partire dalla nostra fragilità, ti scopri infinitamente amato dal Signore così come sei e come potresti diventare con la sua grazia.
Tanti di voi avete fatto esperienza diretta della malattia da covid, o indirettamente per averla vissuta sui vostri cari, e chi soprattutto l’ha presa piuttosto forte, ha sentito sulla propria carne la lotta immane delle difese immunitarie per arginare l’aggressività del virus. Una parabola di quello che spesso avviene nella nostra vita interiore, in certi periodi o momenti in cui la nostra imperfezione o anche l’opera del maligno che mai perde occasione per attaccare, ci costringono a ingaggiare una lotta per rimanere fedeli a Dio e a noi stessi, ai fratelli e al mondo. Sapere di non essere lasciati soli nella lotta, che Gesù ci è vicino e ci sostiene, e con Lui la Madonna e tutti i Santi, è già preludio di vittoria. Essere vigilanti, raccolti, in ascolto di Dio, ben aggrappati alla preghiera… oh quanti mezzi vincenti ci sono donati per non soccombere! Anche l’aiuto e il sostegno dei fratelli, il buon esempio e la testimonianza luminosa che da più parti riceviamo e che ci edificano e commuovono.
E la gioia che si prova una volta guariti, subito esplode in una condivisione tanto grande quanto è stata la carica dataci dalle persone care nel momento della fragilità e della debolezza. Perché insieme siamo forti!
Solo se rimaniamo edificati come la casa sulla roccia resistente alle tempeste e agli straripamenti, anche nelle dure prove del nostro tempo, e non solo la pandemia altresì i diffusi focolai di guerra, gli sconvolgimenti climatici, la crisi economica, la perdita di valori, le instabilità istituzionali e altro ancora, sperimenteremo sempre più l’amore e la misericordia divina, sino a dire con san Paolo: «Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, il pericolo, la spada […]. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati» (Rm 8, 35.37).
SUOR MARIA CECILIA LA MELA OSBap