Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2019/6, p. 37
Burkina Faso: paese in preda al terrorismo Iraq: la denuncia del card. Patriarca Sako Medjugorje: autorizzati dal Papa i pellegrinaggi

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Testimoni
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Burkina Faso
Paese in preda al terrorismo
Domenica 12 maggio, durante un attacco terroristico contro la chiesa di Dablo, in Burkina Faso, sono stati uccisi oltre al sacerdote don Siméon Yampa anche cinque fedeli. A darne la notizia è stato il vescovo di Kaya, mons. Théophile Nare, in un comunicato pervenuto all’agenzia Fides. L’assalto, riferisce l’Agenzia (lunedì 13 maggio), si è verificato tra le 9 e le 10 del mattino, quando i terroristi, giunti a bordo di moto, sono arrivati a Dablo, un villaggio che si trova a 90 km da Kaya, capitale della regione centro-nord, nella provincia di Sanmatenga. Il gruppo armato ha fatto irruzione nella chiesa dove si stava celebrando la messa domenicale, uccidendo cinque fedeli e l’officiante. Prima di fuggire hanno dato alle fiamme il luogo di culto, per poi saccheggiare e incendiare alcuni negozi e il centro sanitario. Don Siméon Yampa era nato il 19 febbraio 1985 e ordinato sacerdote il 7 luglio 2014 a Kaya. “Era una persona umile – ha detto il vescovo - obbediente e pieno d’amore, amava i suoi parrocchiani, fino al sacrificio finale”. In Burkina Faso – 270.000 kmq di superficie e 19,7 milioni di abitanti – è dal 2015 che si moltiplicano gli attacchi terroristici. Già tre volte nella capitale Ouagadougou sono avvenuti episodi del genere. Sono stati presi di mira soprattutto un hotel, dei ristoranti e anche l’ambasciata francese. Nel nord del paese, ai confini con il Mali e il Niger, si verificano assalti più volte alla settimana contro posti di polizia e di gendarmeria.
Il giorno dopo l’uccisione di don Siméon Yampa, il 13 maggio ha avuto luogo un nuovo attacco contro i cattolici. Come riferisce sempre l’Agenzia Fides, mentre i fedeli stavano riportando in chiesa la statua della Vergine, dopo aver partecipato a una processione mariana dal loro villaggio di Singa, nel comune di Zimtenga (25 km da Kongoussi), nella regione del centro nord del Paese, a quello di Kayon, situato a circa dieci km di distanza, sono stati intercettati da uomini armati che hanno lasciato andare i minori, ma hanno giustiziato quattro adulti ed hanno distrutto la statua della Vergine.
Un altro assassinio ha avuto luogo il 17 maggio quando è stato ucciso un missionario salesiano spagnolo, p. Fernando Fernández nel centro salesiano di Don Bosco nella città di Bobo Dioulasso.
Soltanto un paio di settimane prima, il 28 aprile, alla fine della celebrazione liturgica a Silgadji, nella provincia di Soum, a circa 60 chilometri dalla città commerciale di Djibou, nel nord del paese, un pastore protestante era stato assassinato insieme a cinque fedeli. Come a Dablo, anche lì uomini armati hanno attaccato una chiesa e aperto il fuoco durante la liturgia domenicale. E in precedenza, a metà febbraio, un sacerdote spagnolo e quattro doganieri erano stati uccisi in un attacco jihadista nella parte orientale del paese. Intanto, fino ad oggi non si hanno più notizie di don Joël Yougbaré, parroco di Djibo, il sacerdote scomparso nel nord del Paese, domenica 17 marzo. Tutte queste notizie rivelano che attualmente la Chiesa e tutta la popolazione del Burkina Faso si trova in un contesto di estrema sofferenza. Crescono il terrorismo e l'estremismo religioso, vengono uccisi sacerdoti, rapiti cristiani, non sono risparmiate neanche le chiese che vengono distrutte. Padre Donald Zagore, della Società per le Missioni Africane ha dichiarato all’Agenzia Fides: «Avviene ancora una volta che nel nome di Allah, il misericordioso, si continua a uccidere. La verità però è che Allah non manda nessuno ad uccidere per suo conto. Coloro che uccidono in nome di Allah sono solo criminali che meritano di essere arrestati e giudicati secondo le leggi in vigore». Il Burkina Faso, fino a non molto tempo fa, era considerato uno dei paesi più tolleranti dal punto di vista religioso, dove convivono pacificamente un 60% circa di musulmani, un 23,2% di cristiani e un 15% di animisti e aderenti a credenze tradizionali. A turbare questo clima hanno contribuito almeno due fenomeni: anzitutto la vicinanza col Mali, paese diventato un covo di terroristi e dove dal 2012 c’è una situazione di guerra civile; in secondo luogo, il fatto che sono sempre più numerosi i giovani che dal Burkina Faso vanno a studiare nell’Arabia Saudita dove regna il wahabismo che è una forma rigida di islam. Questi giovani tornano poi indietro radicalizzati.
Iraq
La denuncia del card. Patriarca Sako
I Partiti politici iracheni con più potere hanno piazzato i propri emissari anche nei seggi parlamentari riservati, dal sistema istituzionale nazionale, ai rappresentanti appartenenti alla componente cristiana. Lo stesso “furto” delle quote di rappresentanza spettanti ai cristiani si verifica negli organismi comunali e amministrativi. Lo denuncia ancora una volta il cardinale Louis Raphael Sako, Patriarca di Babilonia dei caldei. In un articolato intervento sulle vere ragioni dell’esodo dei cristiani dall’Iraq, il Primate della Chiesa caldea enumera le cause e i possibili rimedi per i fenomeni di emigrazione che stanno indebolendo la presenza stessa dei cristiani in Iraq, e rischiano di cancellare per sempre la pluralità di identità religiose, culturali e etniche che rappresentava una risorsa della convivenza nazionale. “Nel 1970” riconosce il Patriarca Sako “i cristiani erano circa il 5% della popolazione dell'Iraq, e dopo la caduta del precedente regime nel 2003, la loro percentuale scese a meno del 2%”. Il cardinale caldeo riporta casi ed esempi concreti delle discriminazioni che penalizzano i cristiani nella vita ordinaria, anche attraverso la loro marginalizzazione nell’accesso alle cariche pubbliche e accademiche. Maryam Maher - riferisce il Patriarca nel suo intervento, inviato all’Agenzia Fides - è una giovane cristiana laureatasi con alti voti, inserita dal Ministero dell'istruzione superiore e della ricerca scientifica tra i laureati segnalati per le nomine, ma gli organismi competenti hanno ignorato tale segnalazione, “perché lei è cristiana”. Anche la nomina del nuovo Presidente dell’Università di Hamdanyia – fa sapere il cardinale – non è stata portata a termine perché il candidato più accreditato era un professore cristiano. Non ha trovato finora alcuna attuazione la legge approvata dal Consiglio dei Ministri nel 2018 che disponeva l’assunzione di cristiani negli enti pubblici e amministrativi, al posto di impiegati o funzionari cristiani che vanno in pensione o lasciano il posto di lavoro pubblico. Tra i fattori di disagio e di discriminazione sofferti dai cristiani, il Patriarca Sako ricorda anche la mancata istituzione di tribunali speciali chiamati a legiferare su materie afferenti allo status personale: tutti i non musulmani – spiega il cardinale iracheno - devono sottoporre alle Corti islamiche i casi e le dispute su questioni religiose, ereditarie e matrimoniali che li vedono coinvolti. (GV) (Agenzia Fides 16/5/2019).
Medjugorje
Autorizzati dal Papa i pellegrinaggi
Papa Francesco ha deciso di autorizzare i pellegrinaggi a Medjugorje, che dunque potranno d’ora in poi essere ufficialmente organizzati dalle diocesi e dalle parrocchie e non avverranno più soltanto in forma “privataˮ come accaduto finora. Lo hanno reso noto, il 12 maggio scorso, durante la messa nella parrocchia-santuario, divenuto meta per milioni di pellegrini, il nunzio apostolico in Bosnia-Erzegovina Luigi Pezzuto e l’arcivescovo Henryk Hoser, visitatore apostolico a carattere speciale della Santa Sede.
Come ha precisato il direttore ad interim della Sala stampa, Alessandro Gisotti, «l’autorizzazione papale va accompagnata alla «cura di evitare che questi pellegrinaggi siano interpretati come un’autenticazione dei noti avvenimenti, che richiedono ancora un esame da parte della Chiesa. Va evitato dunque che tali pellegrinaggi creino confusione o ambiguità sotto l’aspetto dottrinale».
«Considerati il notevole flusso di persone che si recano a Medjugorje e gli abbondanti frutti di grazia che ne sono scaturiti – ha precisato Gisotti –, tale disposizione rientra nella peculiare attenzione pastorale che il Santo Padre ha inteso dare a quella realtà, rivolta a favorire e a promuovere i frutti di bene».
La decisione del Papa arriva a un anno di distanza dalla nomina di Henryk Hoser, arcivescovo emerito di Varsavia-Praga in Polonia, quale «visitatore apostolico, avvenuta il 31 maggio 2018.
Sia quella nomina che l’annuncio attuale non entrano, dunque, nelle questioni dottrinali relative all’autenticità del racconto dei sei veggenti in merito a quanto accaduto a Medjugorje a partire dal giugno 1981, un fenomeno non ancora concluso. Dei sei veggenti, all’epoca bambini o ragazzi, tre assicurano di avere ancora oggi l’apparizione quotidiana della «Regina della pace», sempre alla stessa ora del pomeriggio e in qualunque luogo essi si trovino: sono Vicka (che abita a Medjugorje), Marija (che vive a Monza) e Ivan (che risiede negli Stati Uniti ma torna spesso in patria). Una quarta veggente, Mirjana, racconta di ricevere un’apparizione ogni mese, il giorno 2, mentre per gli ultimi due ex ragazzi di Medjugorje questo accade una volta all’anno.
Secondo una decisione della Congregazione per la dottrina della fede del 1991, finora erano permessi solo pellegrinaggi privati a Medjugorje. I viaggi erano consentiti solo se non avevano lo scopo di confermare l’autenticità delle apparizioni mariane. Questa decisione è rimasta la stessa anche successivamente, quando, prima nel 2006 e poi nel 2010 le commissioni di indagine vaticane si erano occupate delle visioni dei veggenti. L’ultima, guidata dal card. Ruini, aveva chiuso i suoi lavori nel 2014.
Dagli ambienti della commissione Ruini era filtrata la notizia di un certo scetticismo circa le prime sette presunte apparizioni, dal 24 giugno al 3 luglio 1981, e che quindi occorreva indagare ulteriormente sulla loro autenticità. In maniera ancora più critica erano considerate le successive apparizioni. Tuttavia il rapporto Ruini conteneva la raccomandazione di togliere l’interdetto ai pellegrinaggi, ma questo era in contrasto con la Congregazione per la dottrina della fede.
Papa Francesco non aveva ancora espresso fino ad allora la sua decisione, ma nel febbraio 2017 aveva nominato l’arcivescovo di Varsavia-Praga, Henryk Hoser, come suo inviato a Medjugorje per occuparsi della cura pastorale dei pellegrini.
Il Papa, a cui erano attribuite delle osservazioni critiche sull’autenticità delle apparizioni, voleva ora vedere chiaro per quanto riguarda la situazione pastorale del luogo dei pellegrinaggi. Finora non esiste un riconoscimento definitivo circa l’autenticità delle apparizioni. Prima che questo avvenga, bisognerà che le apparizioni siano terminate.
In un editoriale per Vatican News, il redattore capo Tornielli ha ricordato il giudizio positivo del Papa sulla pietà popolare nella lettera apostolica Evangelii gaudium del 2013. Ha citato anche una sua dichiarazione di un’intervista precedente in cui diceva: «Credo che Medjugorje sia la grazia. È un fatto che non si può negare: ci sono delle persone che si convertono». Tornielli conclude: «Senza pronunciarsi circa l’autenticità delle apparizioni, Francesco ha voluto occuparsi dei pellegrini».
a cura di Antonio Dall’Osto