Grilli Massimo
ENTRATE TUTTI NELLA GIOIA
2019/4, p. 38
«Chi ama il Signore si rallegri in questa festa di gioia. Il servitore fedele entri in allegria nella gioia del suo Signore. Chi ha atteso questo giorno nella penitenza, riceva la sua ricompensa. Chi ha lavorato fin dalla prima ora, riceva oggi il salario che gli è dovuto; chi è arrivato dopo la terza, sia lieto nel rendere grazie; chi è giunto dopo la sesta, non abbia paura: non ci sarà punizione; chi ha tardato fino alla nona, venga senza esitare; chi è arrivato all’undicesima, non creda di essere venuto troppo tardi.

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VOCE DELLO SPIRITO
ENTRATE TUTTI
NELLA GIOIA
«Chi ama il Signore si rallegri in questa festa di gioia. Il servitore fedele entri in allegria nella gioia del suo Signore. Chi ha atteso questo giorno nella penitenza, riceva la sua ricompensa. Chi ha lavorato fin dalla prima ora, riceva oggi il salario che gli è dovuto; chi è arrivato dopo la terza, sia lieto nel rendere grazie; chi è giunto dopo la sesta, non abbia paura: non ci sarà punizione; chi ha tardato fino alla nona, venga senza esitare; chi è arrivato all'undicesima, non creda di essere venuto troppo tardi. Perché il padrone è buono, accoglie l'ultimo come il primo, concede il riposo all'operaio dell'undicesima ora come a quello della prima, ha misericordia dell'ultimo e premia il primo. Entrate tutti nella gioia del Signore; primi e secondi, ricevete tutti la ricompensa; ricchi e poveri, danzate insieme [...]. Siate tutti nella gioia». Con questo inno alla gioia, nella seconda metà del IV secolo, Giovanni Crisostomo esortava i credenti a celebrare la Pasqua, nella certezza che tutti — nessuno escluso — in questo giorno possono cantare l’inno della vittoria suprema. Perché la morte è il retaggio di ogni uomo, la nostra più temibile verità, ma la Pasqua è la gioiosa certezza che Dio è entrato - una volta per tutte - nel regno della morte. Nessuna sconfitta sarà ormai definitiva, nessun fallimento decisivo. Ogni vita, grande o piccola, sublime o meschina, fiduciosa o disillusa… è attraversata ormai da una speranza. Sia per Israele sia per i credenti in Cristo Gesù, la Pasqua è tutto un memoriale. «Ricordati!» è la prima ammonizione di Mosè al popolo, nel riecheggiare gli eventi dell'esodo. «Ricordati!», e poi aggiunge: «Oggi voi partite!». Non dice «siete partiti», ma «partite» al presente (!), perché ogni figlio di Israele deve sentirsi contemporaneo dell'evento grandioso della liberazione. La Pasqua non è un semplice ricordo: la Pasqua è il memoriale, per cui ogni credente, di qualsiasi tempo e luogo, è chiamato a fare sua quell'esperienza fondante. Ricordarsi di quel giorno, celebrare la festa di Pasqua significa ancora una volta uscire dall'Egitto: dalla schiavitù che opprime, dalla paura che tormenta, dall'odio che distrugge... I verbi ebraici che riferiscono l'azione di Dio nel suo atto di liberazione sono diversi e tutti molto pregnanti.
Anzitutto la Pasqua significa fare esperienza di essere salvati. Salvare significa aprire orizzonti per chi è stanco, angosciato, oppresso…Tutti possono uscire, tutti sono chiamati a libertà, soprattutto quelli che non hanno più speranza. Essere salvati significa anche fare esperienza di essere redenti. L'uomo sarà veramente redento quando sarà strappato dalle mani della morte. La morte soggioga gli uomini, perché cercano di sconfiggerla con armi opposte a quelle dell'amore. Il vangelo di Giovanni racconta che Pietro, al momento dell'arresto di Gesù nel Getsemani, sguainò la spada e colpì il servo del sommo sacerdote (18,10). La resistenza dell'apostolo rappresenta la sapienza umana che non afferra il piano divino, rimanendo fuori dal progetto d’amore; Pietro rappresenta chi cerca di sconfiggere il negativo della vita con le armi della morte. Accettando il piano di Dio, Gesù indica un'altra strada, quella simboleggiata dal «chicco di grano, caduto in terra», che se «non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto».
Massimo Grilli
da Sulla via dell’Incontro
EDB, Bologna 2012