Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2019/4, p. 36
Il “Santo Calice” di Valenza, vero o leggendario? Non c’è missione in Africa senza le donne. La Chiesa avrà 9 nuovi Beati e 5 Venerabili. Il Vaticano ha pubblicato il 6 marzo scorso l’Annuario sullo stato della Chiesa nel mondo relativo al 2017.

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Testimoni
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Spagna
Il “Santo Calice” di Valenza, vero o leggendario?
Il “Santo calice” o “Santo Graal” conservato nella cattedrale spagnola di Valenza è realmente quello usato da Gesù nell’ultima cena, oppure si tratta di una fatto leggendario, come hanno sempre sostenuto alcuni? La ricercatrice spagnola Ana Mafé García è sicura al 99,9% che il calice di Valenza – “Santo Cáliz”, come lo chiamano in Spagna – è quello autentico utilizzato da Gesù. Così sostiene nella sua tesi di dottorato presentata il 27 febbraio scorso, in cui spiega anche la metodologia seguita, che è quella iconografica. Mafé ha difeso il risultato delle sue ricerche basandolo su prove documentali e scientifiche. La prima di queste è la struttura della coppa che, per la sua forma, è databile al I° o II° secolo avanti Cristo. «Avevamo chiaro “il quando”, ma non “il dove”; ci mancava il suo documento di identità», ha affermato.
La seconda prova è stata fornita dallo studio volumetrico, da cui è risultato che il calice ha una capacità di “due reviits e mezzo”. Ciò significa che la coppa è fatta secondo misure ebraiche ad hoc. Trattandosi di una coppa ebraica «contemporanea all’epoca di Erode», la datazione la colloca nel periodo del secondo tempio di Gerusalemme, quello costruito nel 515 a. C. e notevolmente ampliato dal re Erode una ventina d’anni prima di Cristo.
«A Gerusalemme – afferma la ricercatrice – consultando esperti in materia, abbiamo scoperto dei dati finora sconosciuti. Un esempio è che il “Santo Calice” è una vera coppa ebraica, che mai prima era stata catalogata come tale. Analizzando il materiale lapideo abbiamo osservato che è fatto di una pietra catalogata nell’antichità come sardius, (corniola) rappresentativa della tribù di Giuda a cui apparteneva Gesù di Nazaret».
Un altro dato riguarda una nuova lettura della scritta al piede della coppa. Attraverso un triangolo posto alla base dell’epigrafia, siamo riusciti a risolvere un messaggio rimasto finora criptato: «si allude a Gesù nel suo nome ebraico, in base all’idioma ebraico e a quello arabo aljamiado» (scrittura in alfabeto arabo delle lingue romanze parlate in Andalusia nel periodo del dominio arabo, ndr.). Per i risultati ottenuti, Ana Mafé ha voluto utilizzare anche la regola di Laplace, un barometro scientifico delle probabilità, riguardante i problemi tecnici a cui il Santo Graal avrebbe dovuto corrispondere secondo le prescrizioni giudaiche del I secolo e la tradizione e ciascuna delle presunte coppe che sono state sottoposte a questa prova. Ambientato così, il calice di Valenza corrisponde per il 99,9% ai requisiti.
«Se prendiamo il Vangelo, la fonte primitiva testuale che parla di questo calice, e lo accostiamo ai documenti oggettivi che ci vengono trasmessi dallo studio della pietra del Santo Calice troviamo che tutto coincide: è ebreo, parla della regola dell’amore, parla della tribù di Giuda. Se abbiniamo questi elementi, afferma Ana Mafé, vediamo che la percentuale aumenta fino al 99,9% delle probabilità che considerano il calice di Valenza come il Santo Graal dell’Ultima Cena». Mafé ha spiegato anche che è la prima volta che il Santo Calice valenziano viene catalogato come “kos Kidhhs Esther – 2018 Valenza”, per cui se si trovasse un altro pezzo simile «potremmo ora prenderlo come punto di paragone». Lo studio certifica così che è l’unica coppa di quel periodo conservata intera in tutto il mondo. La Mafé ha presentato il suo lavoro alla presenza della studiosa italiana Angela Di Curzio, esperta delle Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro di Roma, di María Gómez Rodrigo, professoressa dell'Università di Valencia e di Juan Miguel Diaz Rodelas, prete custode del calice valenziano, il quale si augura, per usare le parole della Mafé, che lo studio «contribuisca a rafforzare la fede in questi momenti di seria difficoltà che sta attraversando la Chiesa».
Africa
Non c’è missione in Africa senza le donne
“Oggi in Africa, la missione non può essere pensata senza una collaborazione diretta, stretta ed efficace con le donne. Nel nostro continente le donne sono un anello fondamentale nell'attività missionaria della Chiesa”: lo ha dichiarato all’Agenzia Fides padre Donald Zagore, teologo e missionario della Società per le Missioni Africane (SMA), in occasione della Giornata dell'8 marzo (Giornata della donna ).
“Le donne – ha affermato – sono la forza e la vitalità delle Chiese africane. Con il loro dinamismo e la loro costante disponibilità, mantengono viva la fiamma della fede, specialmente nelle zone più remote dove la presenza degli uomini a volte è quasi inesistente”. “Attraverso loro, la fede viene trasmessa ai bambini, volto della Chiesa di domani. In Africa le donne portano i bambini in chiesa, mostrano loro la via della fede, la via di Dio. Il loro è un modo molto originale di fare missione. Se le nostre Chiese in Africa continuano a vivere ancora oggi, è grazie al genio indefettibile e all'impegno delle donne” sottolinea p. Donald. Purtroppo “il problema è che nella guida delle nostre chiese, le donne molto spesso vengono messe in disparte. In Africa, infatti, è più facile avere tante donne per il coro, per il servizio d'ordine, per la lettura nella liturgia, ma è altrettanto difficile avere donne che ricoprano ruoli importanti di responsabilità. Questo non è dovuto all'incapacità delle donne, ma al semplice fatto che la donna rimane, anche in chiesa, prigioniera del potere maschile, un fenomeno culturale che estende le sue radici al livello ecclesiale. Padre Zagore ha concluso dicendo: “La vera sfida oggi in Africa è quella di offrire opportunità alle donne nella gestione della vita ecclesiale. La voce della donna deve essere ascoltata allo stesso modo di quella maschile, perché la Chiesa non è solo degli uomini. Nelle nostre chiese il 90% è rappresentato dalle donne”. (DZ/AP) (8/3/2019 Agenzia Fides).
Vaticano
La Chiesa avrà 9 nuovi Beati e 5 Venerabili
Papa Francesco ha autorizzato il 19 marzo scorso, la promulgazione dei nuovi Decreti che daranno alla Chiesa 9 nuovi Beati e con il riconoscimento delle virtù eroiche, 5 nuovi Venerabili Servi di Dio. Tra i Beati figurano 7 vescovi martiri sotto il regime comunista in Romania e il missionario italiano del Pime Alfredo Cremonesi, ucciso in Birmania.
I Beati sono: Maria Emilia Riquelme y Zayas, fondatrice della Congregazione delle Suore Missionarie del Santissimo Sacramento e della Beata Maria Vergine Immacolata nata a Granada (Spagna) il 5 agosto 1847 e ivi morta il 10 dicembre 1940; Valerio Traiano Frenţiu, Vasile Aftenie, Giovanni Suciu, Tito Livio Chinezu, Giovanni Bălan, Alessandro Rusu e Giulio Hossu, vescovi; uccisi in odio alla fede in diversi luoghi della Romania tra il 1950 e il 1970. Inoltre, Alfredo Cremonesi, sacerdote professo del Pontificio Istituto per le Missioni Estere; nato a Ripalta Guerina (Italia) il 16 maggio 1902 e ucciso in odio alla fede nel villaggio di Donoku (Myanmar) il 7 febbraio 1953. Dopo la sua uccisione fu subito invocato come "martire", perché aveva dato la vita per il suo gregge. Era stato invitato a ritirarsi da un posto molto pericoloso, ma rimase con la sua gente pagando con la vita. Padre Cremonesi era un missionario santo. Il martirio è stato il dono di Dio a un uomo che era già tutto suo: preghiera, mortificazioni, donazione totale al prossimo più povero e abbandonato. Era un missionario autentico, proiettato verso le tribù non cristiane per annunziare Cristo. Grande viaggiatore, percorreva lunghe distanze quasi sempre a piedi, fra guerriglieri e briganti, e si adattava a vivere come i locali, con grande spirito di sacrificio.
I nuovi 5 Venerabili Servi di Dio sono: Francesco Maria Di Francia, sacerdote diocesano, fondatore della Congregazione delle Suore Cappuccine del Sacro Cuore: nato a Messina (Italia) il 19 febbraio 1853 e morto a Roccalumera (Italia) il 22 dicembre 1913; Maria Hueber, fondatrice della Congregazione delle Suore Terziarie di San Francesco: nata a Bressanone il 22 maggio 1653 e morta il 31 luglio 1705; Maria Teresa Camera, fondatrice della Congregazione delle Figlie di Nostra Signora della Pietà: nata a Ovada (Italia) l’8 ottobre 1818 e ivi morta il 24 marzo 1894; Maria Teresa Gabrieli, cofondatrice della Congregazione delle Suore delle Poverelle – Istituto Palazzolo: nata a Bergamo il 13 settembre 1837 e ivi morta il 6 febbraio 1908; Giovanna Francesca dello Spirito Santo (al secolo: Luisa Ferrari), fondatrice dell’Istituto delle Suore Missionarie Francescane del Verbo Incarnato: nata a Reggio Emilia (Italia) il 14 settembre 1888 e morta a Fiesole (Italia) il 21 dicembre 1984.
La Romania intanto attende papa Francesco dove si recherà dal 31 maggio al 2 giugno prossimi. Il viaggio avviene su invito del Presidente Johannis: visiterà le città di Bucarest, Jasi e Blaj e si recherà anche nell’antico santuario mariano Șumuleu Ciuc, costruito dai francescani nel Medioevo. Per il papa questo è il 30° viaggio all’estero.
Città del Vaticano
La Chiesa nel 2017
Il Vaticano ha pubblicato il 6 marzo scorso l’Annuario sullo stato della Chiesa nel mondo relativo al 2017. Secondo i dati risulta un aumento dei cattolici nel mondo, un maggior numero di vescovi e di sedi episcopali. Solo il numero dei preti, per la prima volta dal 2010, è diminuito. In paragone con il 2016, il numero dei cattolici è cresciuto dell’1,1%. La crescita maggiore è avvenuta in Africa e in Asia, mentre in Europa il numero è rimasto sostanzialmente uguale (+01%). Su una popolazione mondiale di 7,4 miliardi di persone, i cattolici battezzati rappresentano 1,3 miliardi. Il 48,5% di essi vive in America, il 21,8 % in Europa, il 17,8% in Africa, l’11,1% in Asia e lo 0,8% in Oceania.
È diminuito invece il numero dei sacerdoti, passato da 414.969 nel 2016 a 414.582 nel 2017 (- 384). Diminuiti sono anche i candidati al sacerdozio, da 116.160 nel 2016, sono regrediti nel 2017 a115.328 (– 832 pari allo 0,7%). La diminuzione maggiore si è registrata in Europa e in America. Aumentato invece è il numero dei vescovi, dei diaconi permanenti, dei missionari laici e dei catechisti. Complessivamente, l’Annuario segnala 4.666.073 operatori pastorali sul piano mondiale.
Durante lo scorso 2017 sono state erette quattro nuove sedi episcopali in Thailandia, Venezuela, Cina e Vietnam, mentre la diocesi di Mbeya in Tanzania è diventata arcidiocesi. Variazioni sono avvenute anche nelle chiese orientali unite a Roma: quattro esarcati apostolici di rito maronita, macedone, croato e malabarico sono stati innalzati al grado di eparchie, equivalenti a diocesi. Inoltre l’amministrazione apostolica di Prizren è diventata diocesi di Prizren-Pristina. In questo modo ora anche il Kosovo dal 2018 ha una sua diocesi.
a cura di Antonio Dall’Osto