María Jimena de Jesús
DISCERNIMENTO DI UNA CARMELITANA
2019/2, p. 14
L’esperienza qui narrata è della priora del monastero delle carmelitane della Concepción. Prendendo ispirazione dagli insegnamenti di santa Teresa d’Ávila descrive in che cosa consiste il discernimento e come lei e la sua comunità hanno imparato a metterlo in pratica.

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Esperienza in un monastero
DISCERNIMENTODI UNA CARMELITANA
L’esperienza qui narrata è della priora del monastero delle carmelitane della Concepción. Prendendo ispirazione dagli insegnamenti di santa Teresa d’Ávila descrive in che cosa consiste il discernimento e come lei e la sua comunità hanno imparato a metterlo in pratica.
Tutto ebbe inizio un venerdì di ottobre del 1983. Doveva essere, a mio parere, un giorno come tutti gli altri: scuola al mattino e allenamento di pallavolo il pomeriggio. Siccome non avevo studiato per il test, durante la lezione di religione avrei potuto fare qualcosa per quello di matematica e “risolvere la situazione”. Mai avrei pensato che la lezione sarebbe stata nella sala degli audiovisivi…. al buio. Cercai di fare la guida “a luce bassa” ma il copione delle diapositive – io sono dell’epoca delle diapositive – attirò la mia attenzione. Era “Il mio Cristo spezzato”… Lì il Signore irruppe nella mia vita. Non avrei mai immaginato che egli mi aspettasse in questo semplice “angolo della mia vita”.
Fu un incontro nell’amore e nella verità. Avvertii in maniera tale la sua presenza e il suo amore da avere la certezza che non avrei potuto vivere per nessun’altra persona al di fuori di lui, né per nessun altro amore che non fosse il suo. Compresi anche che la mia vita, come la stavo vivendo, era priva di consistenza, e che non serviva a nessuno. Quel giorno, a soli 15 anni, fu definita la mia vita: “Voglio essere del Signore”. A partire da quel momento fu l’unico mio grande desiderio. Cercavo di piacergli in tutti i modi e in tutte le maniere, volevo solo mostrargli il mio amore. Lì iniziò, senza che lo sapessi, la mia esperienza di discernimento.
La verità era che non conoscevo nemmeno il termine, tuttavia cominciai a vivere in un atteggiamento di “ricerca”. In ogni incontro o avvenimento cercavo la sua volontà. Desideravo essere molto fine interiormente affinché il mio amore fosse sempre “ a punto”. Cominciai a capire e a vivere ciò che le “monache del collegio” (Teresiano Enrique de Ossó, di Santiago) ci insegnavano con tanto amore e dedizione: “che la preghiera è un intimo amore di amicizia”, “che ognuna di noi era inabitata da lui” e “che la porta per entrare nel castello della nostra anima è la preghiera”. Per questo la preghiera quotidiana e prolungata cominciò ad essere la cosa più importante di ogni giornata e, forse, della vita. In questo “amore di amicizia” cercai sinceramente la volontà del Signore. Egli mi riempiva il cuore e la vita. Cercavo di vivere nella verità. la preghiera mi portò anche un’altra grazia: fu lo spazio privilegiato per fare verità nella mia vita. In questo, il consiglio sapiente e opportuno delle “suore della scuola” mi aiutò profondamente.
Teresa di Gesù cominciò ad essere mia amica. Iniziai a capire e a desiderare di vivere queste sue affermazioni che inondavano i corridoi e tutti gli spazi della scuola. Come lei, con tutte le differenze, sentivo che l’amore “mi bruciava dentro”, volevo “rischiare la vita” per lui (Vita, 21,4). Sì , volevo come Teresa di Gesù vivere e morire come figlia della Chiesa.
Riassumo: fin qui il mio discernimento fu “inconsapevole”, un bisogno frutto dell’amore.
Discernimento durante lunghi anni come monaca
Il monastero, ma più ancora il genio umano e divino che è Teresa che conseguì nei suoi monasteri, mi ha fatto due grandi doni in questo apprendimento del discernimento: “spazio” e contenuto.
Parlando di “spazio” sto pensando in profondità e da sorelle. Parto dalla profondità. Il “modo e il genere di vita che si tiene in questa casa” (Prologo del Cammino di Perfezione (C 1) mi offre uno spazio privilegiato e una preziosa opportunità per essere amica e sposa innamorata di Gesù Cristo. La solitudine e il silenzio, armonizzati con una ricca vita fraterna sono stati e sono quel terreno buono in cui posso affondare le mie radici per incontrarmi con lui nella preghiera e nella vita; per percepire la sua azione in me e nella comunità, e cercare di assecondarla. La nostra vita, così come la sognò Teresa, mi invita a vivere in atteggiamento di discernimento. Sì, perché il primato dell’ “essere” che lei indica (“procuriamo di essere forti nelle nostre preghiere” (C 3,”) suppone e richiede questo atteggiamento permanente di discernimento.
Quando penso al dono che è per me avere delle sorelle, mi viene subito in mente l’ideale di Teresa: lei voleva e vuole comunità oranti. Ha una chiara coscienza che il Signore “ci ha unite nell’unico intento di essere tutte sue (C 8,1) e “pregando poi per i difensori della fede, avremmo fatto del nostro meglio per aiutare questo dolce mio Signore,che egli ha tanto stretto a sé” (C 1,2). Con questo voglio sottolineare l’importanza che Teresa attribuisce alla comunità nella nostra vocazione e missione nella Chiesa. Le attribuisce un ruolo da protagonista anche nella sfida discernimento. Per esempio, a proposito di discernimento delle vocazioni, ci dice: “Pretesti per persuadersi che l’ammissione di tali postulanti sia legittima non mancheranno mai, ma voglia Dio che non si debba poi pagare nell’altra vita”. E aggiunge: “In questo affare ognuna deve fare la sua parte , considerarlo, raccomandarlo a Dio e fare coraggio alla Superiora perché la cosa è importante” (C 14, 3-4).
Questo è lo stile che Teresa ci propone e che cerchiamo di vivere. Il Capitolo conventuale, formato dalle professe solenni, è molto vitale e ha molta forza nel nostro monastero. Ogni sorella sa di essere e di sentirsi responsabile della sua vita spirituale e di ciascuna delle sue sorelle. I cammini personali e comunitari ci hanno reso più sorelle. Hanno fatto cadere le nostre paure e difese. Abbiamo il coraggio di parlare molto nella verità. Oserei dire che ci permettiamo di “pensare a voce alta”. Questo modo di vivere in cui l’ascolto, il rispetto e il dialogo sono essenziali, ha creato uno spazio propizio affinché insieme cerchiamo la volontà di Dio nel piccolo e nel grande.
Abitualmente abbiamo punti di partenza diversi nel momento di fare un discernimento. Tuttavia, l’atteggiamento di ricerca sincera, di ascolto e di verità, di fare verità le une con le altre, ci ha consentito di prendere decisioni su ciò che tutte abbiamo vissuto o esperimentato. In altri momenti non è così… allora è il momento di aiutarci ad assumere, nello Spirito, ciò che la comunità ha considerato come volontà di Dio. A questo riguardo ci chiediamo: perché non posso , o non puoi, vederlo chiaramente come le altre? L’importante è continuare a cercare e a fare comunione nella verità. E a volte bisogna che alcune di noi identifichino le nostre strutture mentali e i nostri desideri occulti con la volontà di Dio. Cerchiamo, come dice Teresa, di “disingannarci le une le altre” affinché appaia la verità di Dio e scompaiano le paure e gli interessi occulti.
Anche studiare Teresa in chiave di discernimento ha dato contenuto alla mia esperienza di discernimento. Ha confermato il mio itinerario. Lei non usa il termine anche se probabilmente lo ascoltò dai suoi confessori gesuiti.
Voglio cominciare con il testo che mi aprì la porta all’aspetto più genuino dei discernimento di Teresa: “Sentivo di amarlo, mi pare, ma non comprendevo ancora, come avrei dovuto, in che cosa consisteva amarlo per davvero” (Vita 9,9). Verso la fine del libro (Vita 40,1) racconta come il Signore le fece questa domanda e le risponde: “Ahimè, figliola, come sono pochi quelli che mi amano veramente!... Sai tu cosa vuol dire amarmi per davvero? Persuadersi che è menzogna tutto quello che a me non piace”. Per Teresa la verità è la sostanza delle cose. Pertanto la cosa essenziale “nell’amare davvero Dio “, ci assicura, è piacere a Dio. Questo illuminò e confermò il mio cammino. E poco dopo (Vita 3) risponde: “ Coloro che veramente amano Dio, amano tutto ciò che è buono, vogliono tutto ciò che è buono, favoriscono tutto ciò che è buono, lodano tutto ciò che è buono, si uniscono ai buoni, li favoriscono e li difendono, non amano che le verità e le cose che sono degne di essere amate”. Subito dopo aggiunge ciò che è incompatibile con l’amore di Dio: “Pensate che sia possibile che chi ama davvero molto Dio, ami le vanità? Non può, né ricchezze, né cose del mondo, né delizie, né onori, non ha contese, né invidie; tutto perché non vuole altra cosa se non accontentare l’Amato: muoiono perché li ami, e così impegnano la vita nel comprendere come piacergli di più”. Qui sta la chiave del suo insegnamento e dell’apprendimento in materia di discernimento: la sua origine, “amare veramente Dio” porta a “non pretendere altra cosa che fare contento l’Amato”. La sua ragion d’essere: “muoiono perché li ami” e la sua definizione: “impegnano la vita nel comprendere come piacergli di più”.
Teresa è riconosciuta nella Chiesa come maestra di preghiera e di spiritualità. Tuttavia, a partire dalla mia esperienza personale e comunitaria, oso dire che Teresa ha anche una parola semplice, ma decisiva, in rapporto al discernimento. Ciò che ho chiamato “definizione teresiana del discernimento” (“impegnano la vita nel comprendere come piacergli di più”) esprime ed esplicita questa dinamica interiore, frutto dell’amore che mette in movimento la persona intera per cercare e trovare la volontà di Dio. Perché suo unico desiderio è di piacergli.
Nel Carmelo ci viene insegnato che nella vita e nel pensiero di Teresa, e di tutte le monache carmelitane, è impossibile separare la preghiera dalla vita. Tuttavia oserei affermare che ciò che è inseparabile è, in realtà, una triade: preghiera, vita e discernimento. Perché nel “campo della vita” si gioca bene solo quando si ama, si prega e si discerne. Nella mia vita Teresa è stata maestra di preghiera e di discernimento. Del discernimento che è frutto di amore. Di questo amore tenero e delicato, di questo amore che sempre desidera “essere pronto”. È stata anche mia maestra nell’apprendimento dell’amore.
Termino con una testo che sintetizza ciò che ho condiviso. Si trova nell’ultimo capitolo delle Mansioni: “…se ella si intrattiene spesso con Lui, come sarebbe doveroso, finisce col dimenticare se stessa; per esaurire ogni sua preoccupazione nel cercare di maggiormente contentarlo e nel conoscere in quali cose e per quali vie possa mostrargli l’amore che gli porta” (7M 4,6).
María Jimena de Jesús