Spendie Madeleine
Vita monastica chi è adatto e chi no
2018/7, p. 15
Priora e maestra delle novizie, da 30 anni vive in monastero e nonostante siano sempre più numerosi i monasteri che chiudono, Eva-Maria Kreimeyer crede fermamente al futuro del suo Ordine.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
Intervista a una monaca di clausura
VITA MONASTICA
CHI È ADATTO E CHI NO
Eva-Maria Kreimeyer, priora e maestra delle novizie, da 30 anni vive in monastero e nonostante siano sempre più numerosi i monasteri che chiudono, Eva-Maria Kreimeyer crede fermamente al futuro del suo Ordine.
La benedettina Eva-Maria Kreimeyer è priora e maestra delle novizie a Osnabrück. È entrata in monastero all’età di 19 anni e vive qui da 30. Molte tradizioni da allora sono cambiate, altre tuttavia sono irrinunciabili. Chi vuole entrare in monastero, deve essere preparato, riconosce subito chi pensa seriamente alla vita monastica e chi no.
Qual è la prima domanda che lei fa quando una vuole entrare in monastero?
Prima di tutto chiedo sempre: perché desidera entrare in monastero? Se una donna è un po’ più anziana, le chiedo perché non ha compiuto prima questo passo e perché alla sua età desidera ancora entrare in monastero. Ascolto con attenzione ciò che dice nel primo colloquio, e cerco di rimanere aperta. Dopo tutti gli anni come maestra delle novizie ho sviluppato un senso acuto per capire se una può essere felice in monastero oppure no.
Negli ultimi dieci anni abbiamo avuto cinque ingressi. Non accogliamo chiunque desideri entrare, ma cerchiamo fare un esame più attento. Una persona interessata dovrebbe anzitutto vivere con noi un paio di giorni. Entrambe le parti possono allora verificare, se è adatta oppure no. Le donne interessate possono vivere con noi come ospiti senza impegno, partecipare alla preghiera in coro e discutere su molti interrogativi con una suora. Spesso si vede subito chiaramente se c’è un ostacolo.
Che ostacoli intende?
Per esempio, se una donna non è battezzata oppure appartiene alla confessione evangelica, dovrebbe prima farsi battezzare o convertirsi per poter entrare da noi. Molte sono anche sposate o hanno dei bambini che non sono ancora adulti.
Vengono anche donne sposate?
Sì, a volte capita. Sono soprattutto donne separate dal loro marito che desiderano entrare in monastero. Ma diciamo subito chiaramente che non è possibile perché esiste un matrimonio. Conosco diverse suore di un altro Ordine, che prima del loro ingresso, erano sposate. Una volta morto il marito sono entrate in monastero. So anche di una suora che è entrata quando era già nonna e riceve regolarmente la visita dei suoi figli e nipoti. Lo considero una cosa bella.
Cosa trova di bello in questo?
Trovo avvincente che delle donne abbiano il coraggio di voler vivere un nuovo tratto della loro vita in maniera così particolare. Naturalmente devono esserci i presupposti adatti.
Non è nemmeno facile quando si è più anziani cominciare tutto daccapo. Il noviziato nell’Ordine esiste tra l’altro anche per imparare a inserirsi in una determinata comunità. Quando una è più giovane lo trova più facile. Se una donna è già oltre i 50 anni occorre verificare in modo ancora più preciso se è adatta a vivere in una comunità. Una persona più giovane lo può ancora imparare. Ma a 50 anni è decisamente troppo tardi per adattarsi a vivere in comunità.
Che cosa c’è che non va?
Alcune vogliono entrare perché pensano che la vita in monastero sia una specie di lunga vacanza. Ma senza lavoro e fatica è una cosa che non va. Altre pensano anche che il monastero sia una buona casa di riposo per anziani. Ma noi non siamo un ospizio. Altre vogliono sottrarsi e fuggire dalle responsabilità della vita esterna. Concepiscono il monastero come un luogo di rifugio che offre loro sicurezza e protezione. Ma non si tratta di una buona ragione per entrare in monastero. Una volta è venuta da noi una giovane che cercava chiaramente nella famiglia monastica un surrogato della famiglia. Aveva avuto delle esperienze negative nella sua famiglia e era venuta da noi. Le cose spirituali non le interessavano affatto. Ma quando manca la gioia per la preghiera, non è possibile entrare in un monastero di vita contemplativa.
Ma la vita spirituale può anche evolversi col tempo.
Sì, ma il desiderio deve esserci fin dall’inizio. Se io devo di continuo spingere una persona a osservare i tempi di preghiera, c’è qualcosa che non va. Io devo avere la gioia della preghiera, altrimenti sono fuori posto in un monastero contemplativo. San Benedetto scrive così nella Regola: “In primo luogo bisogna accertarsi se il novizio cerca veramente Dio, se ama l'Ufficio divino, l'obbedienza e persino le inevitabili contrarietà della vita comune” (RB 58,7). Questa è la cosa decisiva, penso. La vocazione a una vita spirituale è come un chicco che Dio semina. Ma se manca il seme corrispondente, io come maestra delle novizie posso innaffiarlo, concimarlo, potarlo ma non posso far crescere la giusta pianta. Spesso vien fuori di tutto, ma non ciò che riguarda una vocazione a una vita in monastero. Allora ne soffre tutta la vita della comunità monastica. Perciò è meglio che una non entri affatto.
Lo dice anche alla persona interessata?
Non lo direi così drasticamente, ma quando m’accorgo che una non è adatta per noi o semplicemente non ha la vocazione, ne parlo con le mie consorelle. Nel passaggio successivo cerco di spiegarlo alla postulante. È importante che sia lei stessa a rendersi conto che la vita in monastero non è fatta per lei. Una volta non abbiamo ammesso una professa di voti temporanei alla professione perpetua. Ma ciò capita molto raramente.
Ma se lei si sbagliasse e questa persona cercasse nuovamente di entrare in un’altra comunità?
Penso che sarebbe tutto a posto, perché vorrebbe dire che questa persona non ha ancora trovato la serenità su questo problema. Per questa ragione noi lasciamo sempre un tempo sufficiente per una decisione del genere e chiediamo anche alle nostre postulanti di fare altrettanto. Da 15 anni io sono maestra delle novizie e in questo tempo sono entrate dieci donne. Di queste sono oggi qui ancora quattro suore. Per tutte quelle che se ne sono andate ciò è avvenuto già nei primi sei mesi del postulantato. Di queste dieci, solo la mia prima postulante se ne è andata dopo la vestizione, quando io ero ancora troppo inesperta. Nella nostra comunità abbiamo una sana varietà di età, perché ci sono suore di tutti i decenni. La più anziana ha 89 anni e la più giovane 25.
Cosa fate di diverso dalle altre comunità?
Noi siamo monache, vale a dire viviamo una vita contemplativa. La preghiera quotidiana delle Ore, la lettura delle Scritture e il lavoro quotidiano strutturano la nostra giornata. Ci sono sempre più persone che cercano di vivere una vita secondo questo ritmo monastico. Le comunità religiose di vita apostolica hanno problemi di crescita maggiori di noi. Un tempo si doveva andare in convento per poter lavorare, per esempio, come suora infermiera. Per questo, oggi non c’è più bisogno di diventare suora. Un doppio onere del genere può anche indebolire una comunità religiosa. Spesso rimane troppo poco tempo per la comunità e per la preghiera. Da noi è diverso.
Ciononostante sono meno numerose le donne che entrano rispetto al passato.
Oggi raramente le persone sono educate alla fede fin dall’infanzia. Ci sono complessivamente meno credenti e le vie per giungere a prendere decisioni del genere sono molto più lunghe.
Ma non è semplice nemmeno vivere dietro le mura del monastero e senza poter uscire?
Oggi c’è molto meno rigore rispetto a prima. Come superiora cerco di lasciare a tutte le consorelle lo spazio necessario di cui hanno bisogno per poter continuare a crescere. E quando c’è una ragione per uscire, allora lo permetto. Per me è importante che ciascuna si trovi bene da noi. Quando sono entrata io, da 28 anni prima di me non c’era stato nessun ingresso, oggi sono nuovamente di più coloro che vengono.
Non ha alcuna paura per quanto riguarda il futuro?
Non ho alcuna paura dell’estinzione, al contrario penso che la nostra comunità abbia un buon futuro. Tuttavia, il futuro potrà esserci solo se rimaniamo unite. L’abbiamo capito. Da alcuni anni ci diamo anche noi del tu, ciò rafforza l’unione tra noi. Di questo sono molto felice. C’è stato un tempo in cui pensavamo di fondere il nostro monastero con un altro. Grazie a Dio, ciò non è avvenuto. L’altro monastero nel frattempo è stato chiuso. Noi l’abbiamo ancora e spero che rimanga così.
Madeleine Spendie