Cabra Piergiordano
Latitanze
2017/6, p. 4
L’ultima volta che durante l’ora di adorazione eucaristica è stato intonato l’inno Adoro Te devote, mi ha sorpreso la frequenza della parola “latitanza”. In un primo momento ho pensato alle mie latitanze durante queste ore, quando l’attenzione tende a vagare altrove, ora con scarso stupore, ora con motivato timore, ora con tiepido fervore. Eppure questa volta la mia attenzione non si ferma sulla mia latitanza, perché è la divinità che si nasconde: Adoro Te devote latens deitas. Si nasconde per farsi cercare, lasciando larghe tracce. Quel pezzo di pane bianco è qualche cosa di stupefacente, che parla del lungo cammino, pieno di sorprese che dal Big bang iniziale ha portato al formarsi, solo pochi millenni or sono, le condizioni delle coltivazioni del grano. Il Creatore latita in quell’ostia, come dietro ogni sua opera, ma qui si aspetta un grazie frutto di ammirato stupore.

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LATITANZE
L’ultima volta che durante l’ora di adorazione eucaristica è stato intonato l’inno Adoro Te devote, mi ha sorpreso la frequenza della parola “latitanza”.
In un primo momento ho pensato alle mie latitanze durante queste ore, quando l’attenzione tende a vagare altrove, ora con scarso stupore, ora con motivato timore, ora con tiepido fervore.
Eppure questa volta la mia attenzione non si ferma sulla mia latitanza, perché è la divinità che si nasconde: Adoro Te devote latens deitas. Si nasconde per farsi cercare, lasciando larghe tracce.
Quel pezzo di pane bianco è qualche cosa di stupefacente, che parla del lungo cammino, pieno di sorprese che dal Big bang iniziale ha portato al formarsi, solo pochi millenni or sono, le condizioni delle coltivazioni del grano. Il Creatore latita in quell’ostia, come dietro ogni sua opera, ma qui si aspetta un grazie frutto di ammirato stupore. Come non dirlo?
Il canto continua: Adoro Te devote, o Dio che ti sei incarnato per essere trovato, che ti sei umiliato per essere ascoltato, che ti spogli di ogni splendore perché scopra il tuo amore, perché vuoi essere amato più che ammirato.
Ma qui latita anche la tua umanità ed io che non riesco a dare corpo a quello che non vedo, mi rivolgo a Colei che ti ha dato un corpo, perché possa vedere con i suoi occhi e amarti con il suo cuore.
Inizia un nuovo canto: Ave verum corpus natum de Maria Virgine! ora i miei occhi sembrano acquisire nuove capacità, perché intravvedono l’Onnipotente bambino in braccio alla Madre che me lo presenta da adorare e da abbracciare.
E il tempo vola, portando con sé il desiderio di porre fine ad ogni latitanza, come ad ogni distanza, quando scaduto il tempo della ricerca, mi sarà concessa la gioia immensa di incontrare il Figlio dell’Altissimo e dell’umile Vergine di Nazareth, presentato proprio dalla Madre, la clemente e pia e dolce Vergine Maria!
In un abbraccio adorante e beatificante, che annulla e ripaga ogni umana e divina latitanza.
Piergiordano Cabra