Gellini Anna Maria
La speranza in un mondo di violenza
2017/2, p. 31
Sarta, cuoca, ostetrica, infermiera, insegnante, coraggiosa e determinata, ha ridato speranza a oltre duemila ragazze, liberandole dalle “schiavitù” dell’esercito di resistenza armata di Joseph Kony che per decenni ha insanguinato il Nord Uganda e il Sud Sudan.

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Rosemary Nyirumbe: in Uganda con coraggio
la speranza
in un mondo di violenza
Sarta, cuoca, ostetrica, infermiera, insegnante, coraggiosa e determinata, ha ridato speranza a oltre duemila ragazze, liberandole dalle "schiavitù" dell’esercito di resistenza armata di Joseph Kony che per decenni ha insanguinato il Nord Uganda e il Sud Sudan.
«Il mondo non dovrà mai dimenticare quello che è accaduto in Uganda e nel Sud Sudan durante il regno di terrore di Joseph Kony. Questo nome dovrà essere ricordato con un marchio d'infamia per sempre, tra i nomi degli altri perpetratori di massacri. Solo ricordando le atrocità da lui commesse potremo impedire che si ripetano. Dobbiamo tenere gli occhi aperti, perché se il mondo si dimenticherà di queste violazioni dei diritti umani, accadranno di nuovo. È necessario anche fare memoria degli eroi che hanno preso posizione contro di loro, e suor Rosemary è una delle più importanti».
Suor Rosemary ha ricevuto premi e riconoscimenti (è stata “eroe dell’anno” per CNN nel 2007 e segnalata da Time Magazine tra le cento personalità più influenti al mondo nel 2014), ha ricevuto ospiti come Bill e Chelsea Clinton. Ma, sempre molto contraria alla notorietà diffusa dai media, testimonia con umiltà: «Non so parlare di Dio… Non penso che il Signore si possa raccontare. La fede può essere solo vissuta, giorno dopo giorno. L’amore condiviso è la narrazione autentica di Dio».
Per “cucire”
la speranza
Cucire la speranza è la storia della straordinaria avventura umana e cristiana della consacrata ugandese appartenente alla congregazione delle Suore del Sacro Cuore di Gesù, con carisma comboniano. Nata nel 1956, nella povera cittadina di Paidha (Nord-Uganda), ultima di 8 figli, Rosemary è diventata suora a 15 anni, «per amore dei bambini», come lei dice. Con coraggio e determinazione ha sempre saputo guardare la realtà, tenendo i piedi per terra: «Non possiamo pensare di salvare l’Africa, non possiamo salvare il mondo, ma possiamo salvare una persona, un bambino… proviamo». Ostetrica, laureata e con master in Etica dello sviluppo, giorno dopo giorno, rischiando più volte la vita, ha cercato di “cucire” segni di speranza dentro la storia di sofferenza del popolo Acholi che per vent’anni ha patito una feroce guerra civile con 30mila morti, oltre due milioni di profughi, circa 100.000 minori rapiti, arruolati come soldati nell’LRA (Lord Resistence Army ) “Esercito di resistenza del Signore” animato da una miscela di misticismo tradizionale africano, nazionalismo Acholi e fondamentalismo cristiano. Quasi un terzo dei minori rapiti erano bambine, impiegate nella guerriglia ma anche schiavizzate, violentate, costrette ad uccidere anche i propri familiari, segregate per anni nella foresta.
Da Moyo a Gulu
A Moyo, piccola città vicino al confine con il Sudan, fu costruito negli anni Sessanta un convento come centro di formazione per insegnanti, e ospitava una congregazione di suore sudanesi che si erano rifugiate in Uganda, scappando dalla guerra in Sud Sudan. Le suore del Sacro Cuore di Gesù, di origine comboniana, ristrutturando gli edifici ormai fatiscenti, trasformarono la scuola nella loro “casa madre”. Lì arrivò Rosemary, per consacrare la sua vita a Dio e ai fratelli. Si specializzò alla Scuola di infermieristica e ostetricia di Kalongo, nella provincia di Gulu. Nel 1981 cominciò il suo servizio alla clinica di Moyo, prima assistente del medico comboniano Giuseppe Ambrosoli. Offrì il suo aiuto anche nel vicino orfanotrofio che i missionari comboniani avevano costruito nel 1947 e che ora era pieno di bambini abbandonati dai residenti di Moyo fuggiti in Sudan, oppure rimasti orfani durante la guerra civile scatenatasi nel Nord Uganda dopo la caduta del dittatore Amin nel 1979. Sr. Rosemary rimase responsabile della clinica di Moyo per tre anni, poi nel 1985 fu trasferita in un'altra clinica nella piccola cittadina di Adjumani, circa 30 chilometri più a sud. Desiderosa di approfondire la sua preparazione paramedica per poter servire meglio la sua gente, chiese alle superiore il permesso di terminare gli studi secondari presso la Scuola del Sacro Cuore a Gulu, la città più importante del Nord Uganda. «Quei piani sarebbero stati bruscamente sconvolti dallo scoppio di un'altra guerra civile, ancora più brutale e insensata della precedente».
Gulu, situata nel punto strategico dove confluiscono il Nilo Vittoria, il Nilo Alberto e il fiume Achwa, fin dalla dominazione britannica, era l'epicentro commerciale del Nord Uganda e la principale città della regione, nonostante la guerra e la povertà che dilagavano nella zona. La Scuola del Sacro Cuore era stata fondata da un gruppo di suore italiane e, successivamente, era stata affidata alla congregazione africana delle Suore di Maria Immacolata. Molte giovani che ricoprivano cariche importanti in Uganda avevano frequentato i corsi superiori in quell'istituto, insieme a parecchie suore che si preparavano a diventare infermiere e dottoresse. Lì sr. Rosemary cominciò il corso di formazione paramedica. Nel 2000 le suore comboniane cedettero all’arcidiocesi di Gulu il Centro di formazione professionale S.Monica, da loro aperto nel 1983. Nel 2001 fu chiesto a sr. Rosemary di assumerne la direzione. Inizialmente finanzia la scuola offrendo servizi di catering e facendo cucire le divise delle scuole cattoliche. Riceve aiuti da una Ong scozzese cattolica. Nel novembre 2002 alcuni americani visitano la scuola di Gulu, tra i quali Reggie Whitten, avvocato dell’Oklahoma che qualche mese prima aveva perso un figlio. Un incontro che ha ridato speranza a lui e alla sua famiglia. Dalla sua iniziativa è nata la fondazione Pros for Africa (Professionisti per l’Africa) che contribuisce a sostenere economicamente la scuola e i suoi progetti. Grazie a tanti aiuti, e per rispondere a tante richieste di giovani donne e madri, la Scuola Santa Monica di Gulu è cresciuta, e un’altra è stata aperta a una ventina di chilometri, ad Atiak. Nel 2012 è nata una terza scuola al confine con l’Uganda, a Torit, dilaniata dalle violenze commesse dalla LRA, abitata da tante ragazze rimaste sole con i loro bambini, senza mezzi per sopravvivere.
Fino all’uscita
dal tunnel
Sr.Rosemary parla di «una seconda chiamata» in quella richiesta del 2001, che l’ha portata a dedicarsi alle ex bambine soldato, fuggite dalle file dell’LRA o liberate dall’esercito governativo. L’amore è il cuore del progetto di formazione professionale che caratterizzerà da quel momento la Scuola Santa Monica di Gulu.
«Non c’è una formula per aiutare le bambine sequestrate dall’ LRA a ricominciare a vivere. Devi essere pronta a fare un lungo, lunghissimo viaggio insieme a loro, camminando fianco a fianco, fino all’uscita dal tunnel», dice sr. Rosemary.
In quindici anni, frequentando i laboratori di cucina e di cucito, e successivamente corsi di agraria ed economia aziendale, e un laboratorio di informatica, sono passate oltre duemila ragazze, molte accolte insieme ai loro figli nati dai “matrimoni” imposti dai guerriglieri di Joseph Kony. Per ognuna sr. Rosemary ha avuto una parola e un abbraccio, ma soprattutto la capacità di generare un rapporto che aiutasse a riacquistare la fiducia in se stessa, rinascere come persona e imparare un lavoro da svolgere con passione. «Il segreto è l’amore e l’accettazione della persona così com’è, con la sua storia, con la sua sofferenza. Con queste ragazze non vale predicare Dio, bisogna essere presenti nelle loro vite e condividere con umiltà il loro dolore». La gioia più grande di sr. Rosemary è nel vedere persone drammaticamente ferite, nuovamente capaci di sperare e camminare. Anche dai rifiuti può nascere una cosa bella! È la stessa dinamica di cui è immagine una recente “invenzione” di sr. Rosemary e delle sue ragazze: una borsa di lusso confezionata con il riciclo delle linguette d’alluminio delle lattine, cucite con cotoni di ogni tipo, vendute in tutto il mondo per sostenere la Scuola Santa Monica a Gulu. «La vendita di una sola “Rosemary” (il modello più grande confezionato con 1.700 linguette) permetteva a una ragazza di pagarsi la retta scolastica, i pasti e l'alloggio per un anno intero. Uno zaino “Destiny” (composto da 2.000 linguette) avrebbe coperto tutte le spese di una madre e di suo figlio per un anno, più alcuni “lussi” come lo zucchero e i prodotti per l'igiene personale».
La speranza:
eredità e impegno
«Ho imparato così tanto da queste ragazze… Mi hanno insegnato che cosa significa avere coraggio di fronte al pericolo, mi hanno ricordato quanto possono essere forti le donne. Provate solo a immaginare una ragazza costretta a uccidere sua sorella. Immaginate il senso di colpa, la tristezza, il risentimento che ha dovuto provare verso i suoi rapitori. Immaginate quanto sia difficile liberarsi dall'incubo che ha vissuto per anni.
Queste storie strazianti non finiscono mai. Porteranno sempre con sé le ferite emotive, psicologiche, fisiche, di quello che hanno passato. Il nostro compito, del resto, non è quello di cancellare le profonde ferite presenti nel cuore di queste ragazze, ma di aiutarle perché possano guarire.
Molte delle giovani donne con cui ho lavorato nel corso degli anni hanno perdonato i loro rapitori, ma non se stesse. Soffrono ancora per le azioni che sono state costrette a commettere, per le scelte che sono state costrette a fare nel disperato tentativo di salvare le loro vite. Io dico a queste donne: - Non esiste un peccato che non possa essere perdonato. In realtà voi siete già state perdonate. Il Signore che è Padre ha mandato suo Figlio a morire per noi, per liberarci dal peccato -. È l'unica occasione in cui faccio loro una predica».
Sr. Rosemary, tenace e coraggiosa, umile e ed energica, ha lottato a lungo per i diritti umani di tante bambine e giovani donne, e per il loro futuro nella società.
Invece di escluderle, come avevano fatto le famiglie e i vicini quando erano riemerse dalla foresta con il disperato bisogno di essere riaccolte, si è seduta al loro fianco ad ascoltare le loro storie agghiaccianti, senza mai giudicarle. Quando alcune di loro, in seguito, hanno scoperto di essere sieropositive o malate di Aids, ha trovato i fondi per le cure e per il loro sostegno psicologico, assicurandosi che nessuno le emarginasse. Le ha amate tutte incondizionatamente. «Il passato è passato e non può essere cambiato. Non potete tornare indietro», disse loro in molte occasioni. «Ma potete ricominciare da qui, dal presente. E se ci riuscirete, potrete affrontare anche il futuro. Pensate sempre alla speranza, e camminate verso di lei. Vi darà la forza di diventare le persone che siete nate per essere».
Anna Maria Gellini