Cabra Piergiordano
In principio
2017/12, p. 5
Ancora prima di apprendere il latino, potevo ripetere a memoria la prima pagina del Vangelo di Giovanni, proprio dall’Initium sancti evangelii secundum Joannem. Non che fossi particolarmente dotato, ma, servendo Messa, lo sentivo recitare tutti i giorni, o quasi, e il brano era entrato spontaneamente nella mente, come una musica continuamente ascoltata. I più giovani non sanno che la Messa, prima del Concilio, non terminava con la benedizione e l’Ite missa est, ma continuava con la lettura “In principio erat Verbum, che si interrompeva a “plenum gratiae et veritatis”. Il testo, che stava scritto sulla “cartagloria” posta sulla sinistra dell’altare, per me chierichetto, doveva essere molto importante, se era recitato alla fine di ogni Messa.

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IN PRINCIPIO
Ancora prima di apprendere il latino, potevo ripetere a memoria la prima pagina del Vangelo di Giovanni, proprio dall’Initium sancti evangelii secundum Joannem. Non che fossi particolarmente dotato, ma, servendo Messa, lo sentivo recitare tutti i giorni, o quasi, e il brano era entrato spontaneamente nella mente, come una musica continuamente ascoltata.
I più giovani non sanno che la Messa, prima del Concilio, non terminava con la benedizione e l’Ite missa est, ma continuava con la lettura “In principio erat Verbum, che si interrompeva a “plenum gratiae et veritatis”. Il testo, che stava scritto sulla “cartagloria” posta sulla sinistra dell’altare, per me chierichetto, doveva essere molto importante, se era recitato alla fine di ogni Messa.
Ma mi rimanevano oscure due cose: la prima perché l’In principio era detto alla fine e la seconda perché il curato anziano accennava soltanto la genuflessione prevista alle parole “et Verbum caro factum est”, gesto che il curato giovane faceva invece con tanta riverenza, toccando terra con il ginocchio destro.
Quel brano di Vangelo mi è sempre stato caro e mi ha indotto a studiare, a suo tempo, con particolare cura il trattato “De Verbo incarnato”, con le sue intricate questioni poste dal mistero della divina umanità di Cristo, mettendo nel dimenticatoio le infantili domande.
Le quali però, come tante domande infantili, sono le più elementari e quindi possono diventare più insistenti persino di quelle discusse nei più eruditi dei trattati.
La prima riemerse come una folgorazione, quando seppi che il caro amico, professore di latino e greco in un liceo cittadino, si era presentato in classe per l’ultima volta, declamando con solennità proprio quel testo del Vangelo di Giovanni in greco, En arché, (In principio era il Verbo) e giunto alla fine, disse semplicemente: "Ed ora vi saluto". E uscì.
Aveva pochi giorni di vita e aveva così salutato i suoi alunni, ricordando loro che quel “In principio” sarebbe stato anche il suo principio e non la sua fine. Anche, anzi proprio perché lo diceva alla fine della sua vita, come lo si diceva alla fine di ogni Messa.
Grazie al Verbo, che è al principio di ogni cosa, ogni fine diventa un principio e ogni Messa ricordava la quotidiana presenza del Verbo, esistente prima del tempo, che era entrato nel tempo per farci esistere oltre il tempo.
La seconda cosa oscura all’inesperto chierichetto è stata dissipata, con ovvia naturalezza, dall’osservazione prima e dall’esperienza dopo, che il passare degli anni rende inesorabilmente più ingessati i movimenti degli arti inferiori e quindi più difficili le genuflessioni, e non solo quelle!
Ma che possono rendere più agile la mente a comprendere che solo il cuore può esprimere qualche cosa della riverenza e dell’infinita gratitudine al Verbo che si è inserito nella nostra inquieta vicenda umana, mettendoci le ali per volare là da dove era venuto, proprio mentre le forze fisiche residue rendono vieppiù arduo il raggiungimento di ogni pur minimo traguardo umano.
In principio, en arché era il Verbo che è venuto ad abitare in mezzo a noi, perché ogni minuto della mia fragile vita sia un principio che conduce ad un altro principio fino al principio illimitato e ininterrotto del faccia a faccia e dell’abbraccio con Lui.
Pur non essendo un nostalgico della vecchia Messa, mi sia permesso, almeno oggi, di rimpiangere l’omissione di quell’ineguagliabile testo e di sorridere alla confusa valutazione della devozione dei celebranti dalla diversa età.
Ma, sopratutto, di sentirmi fortunato d’essere stato affascinato, fin dal principio, da quel principio senza principio del Verbo, davanti al quale si piega ogni ginocchio, in cielo, in terra e sotto terra, di ogni creatura e di ogni età!
Piergiordano Cabra