Boni Elena
Per rispondere alla fame di tanti
2017/10, p. 16
Dal 13 novembre 2016 all’8 ottobre 2017 la Chiesa di Bologna ha vissuto il Congresso eucaristico diocesano: un anno straordinario di riflessione sull’eucaristia, sul modo di celebrarla e viverla, sulla missione che ne scaturisce.

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Si chiude il Congresso eucaristico di Bologna
PER RISPONDERE
ALLA FAME DI TANTI
Dal 13 novembre 2016 all’8 ottobre 2017 la Chiesa di Bologna ha vissuto il Congresso eucaristico diocesano: un anno straordinario di riflessione sull’eucaristia, sul modo di celebrarla e viverla, sulla missione che ne scaturisce.
Il tema scelto dall’arcivescovo, mons. Matteo Maria Zuppi, è la frase «Voi stessi date loro da mangiare» tratta dal brano evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Nella lettera di indizione l’arcivescovo aveva spiegato le motivazioni della scelta: «(Il Congresso) è l'occasione per ritrovare il centro di tutto e condividere il pane celeste con i tanti che hanno fame di speranza e di gioia. (...) Gesù ci coinvolge nella sua commozione per la folla e insegna a tutti a rispondere alla fame di tanti. Per farlo non dobbiamo cercare capacità particolari o possibilità straordinarie, che non avremo mai, ma solo offrire il poco che abbiamo e condividerlo, e darlo al suo amore perché tutti siano saziati, noi e il prossimo. Questo è possibile se non ci lasciamo appannare la vista da pessimismi e lamentele, dalla convinzione che in fondo non si può fare nulla, che abbiamo troppo poco, che dobbiamo tenerci quello che abbiamo altrimenti restiamo senza. Proprio noi possiamo dare da mangiare se, come Gesù, non restiamo distanti dalla condizione difficile degli altri». Linee programmatiche in piena sintonia con il magistero di papa Francesco, tanto che il Congresso ha inteso porsi anche come «confronto sinodale» sull’Evangelii gaudium.
Mons. Zuppi ha indicato il cammino da seguire, nella Messa di apertura del Congresso (che ha coinciso con la chiusura dell’Anno Santo della Misericordia): «Andiamo noi incontro alla città degli uomini, non aspettiamo e facciamolo con gioia, non con il fastidio o la sufficienza del maestro, non con il paternalismo del giusto o con la sbrigativa praticità dell’organizzatore, ma con la fretta e la commozione di quel padre».
Le povertà
che ci circondano
L’oggetto dell’amore e della missione sono tutti gli uomini che Dio ci mette accanto, ma soprattutto i fragili, i deboli, con le varie povertà materiali ed esistenziali che si presentano agli occhi dell’osservatore attento: «Quanta solitudine e quante sofferenze nascoste in quella folla se guardiamo con gli occhi di Gesù! (...) Gesù ci insegna a riconoscere il diritto di amore dell’altro perché guarda la folla senza paura e vede tante persone, il suo prossimo, i suoi e nostri fratelli più piccoli».
Alcuni destinatari privilegiati del messaggio cristiano sono stati indicati espressamente attraverso specifiche convocazioni diocesane: le lectiones pauperum. Si tratta dei malati, dei disabili, dei migranti e dei poveri. L’arcivescovo ha visitato i malati presso il principale ospedale cittadino in occasione della Giornata mondiale del malato. I disabili sono stati chiamati a partecipare, con l’aiuto di tutti e delle singole parrocchie, alle celebrazioni eucaristiche ordinarie di domenica 17 settembre. Questo impegno ha obbligato le parrocchie a interrogarsi su quante e quali persone non riescano a partecipare, normalmente, alla vita comunitaria o alla messa perché non sanno uscire da soli (pensiamo ai moltissimi anziani delle nostre città), o hanno bisogno di un accompagnatore, o trovano barriere architettoniche e logistiche che con un po’ di lungimiranza e di buona volontà si potrebbero abbattere. Ai disabili è stato inoltre dedicato l’incontro diocesano I disabili ci rendono abili del 23 settembre. I migranti e i poveri saranno oggetto di incontri personali addirittura con il Papa, che visiterà Bologna il 1° ottobre in occasione delle celebrazioni conclusive del Congresso.
Le quattro tappe
del Congresso
Per l’approfondimento biblico e pastorale sono state proposte ai fedeli quattro tappe, corrispondenti ad altrettanti periodi del calendario liturgico. Durante ciascuna tappa ogni comunità cristiana (singole parrocchie, vicariati, case religiose, associazioni, movimenti) è stata chiamata a riflettere sulle tematiche proposte.
Nella parte conclusiva dell’anno liturgico 2016, il compito era quello di svolgere una lectio divina sul brano della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Le domande suggerite avevano un taglio personale: nella prospettiva di una conversione missionaria della pastorale, che cosa mi interpella di più e personalmente del testo evangelico? Quali cambiamenti mi suggerisce e mi sollecita?
La seconda tappa (Avvento e prima parte del Tempo ordinario), intitolata «Le attese degli uomini. Analisi della situazione locale», invitava i cristiani a guardare alla realtà sociale in cui sono inseriti, per capire come e dove sia più necessario il pane del Vangelo. La domanda di base era: se ci mettiamo nella prospettiva di chi è “periferia” rispetto alla comunità cristiana, che cosa dobbiamo cambiare e quali scelte missionarie possiamo pensare per avviare il rinnovamento?
Il tempo di Quaresima ha proposto una riflessione sulla qualità delle eucaristie celebrate; questa tappa si è svolta principalmente all’interno delle singole comunità, parrocchiali, religiose o altro. Una domanda apparentemente facile, ma per nulla ovvia: nella prospettiva di una conversione missionaria, quali sono gli elementi di gioia e di fatica delle nostre messe domenicali? Alcune comunità hanno analizzato tutte le parti della messa, altre si sono concentrate solo su alcuni riti o aspetti della messa. La condivisione dei risultati tramite il sito internet permette di cogliere le buone pratiche degli altri, e magari di scoprire problemi a cui non si era mai pensato.
L’ultima tappa, nel tempo di Pasqua, è stata dedicata alla riflessione sul soggetto missionario, cioè sulla chiesa e sui cristiani stessi. Chi sono i discepoli a cui Gesù dice: «Voi stessi date loro da mangiare»? Come coinvolgere tutti e tutta la comunità cristiana?: queste domande hanno generato importanti riflessioni sull’identità e la numerosità delle comunità ecclesiali (la diocesi, tra l’altro, è in procinto di attuare una vasta riorganizzazione, soprattutto nelle parrocchie del centro cittadino). Hanno, inoltre, portato a interrogarsi sulla differenza tra cristiani «ecclesialmente attivi» e «semplici praticanti»; senza dimenticare la vastissima platea dei battezzati, che compongono la chiesa ma non partecipano in alcun modo alla vita, alla liturgia, alle attività della comunità cristiana.
Il metodo di Firenze:
luci e ombre
Per lo svolgimento delle quattro tappe il comitato organizzatore ha indicato espressamente di seguire il «metodo di Firenze»: dividersi in gruppi di circa 12 persone, animati da un «facilitatore» e caratterizzati da una varietà di presenze per età, ruolo ecclesiale, stato di vita. Ciascun membro del gruppo, dopo avere riflettuto in silenzio, può esprimere sul tema un proprio contributo della durata massima di 3 minuti; gli interventi devono essere liberi e slegati dai precedenti, esponendo il proprio pensiero senza preoccuparsi di precisare o correggere quello di altri; gli altri si impegnano all’ascolto reciproco. Al termine della sessione, in un brevissimo secondo giro di interventi ciascuno dice ciò che di più arricchente e illuminante ha ricevuto dagli altri interventi; il facilitatore conclude raccogliendo uno o due elementi sui cui vi è convergenza, per riportarli agli altri gruppi e metterli a disposizione di tutti tramite il sito del Congresso.
Alcuni aspetti del metodo hanno destato dubbi e perplessità. Se, da un lato, è certamente apprezzabile la volontà di lasciar parlare tutti, dall’altro si fatica a cogliere l’utilità di mescolare, nel corso del medesimo incontro, interventi diversissimi per contenuti, oggetto, livello di preparazione... senza che vi sia, poi, nessun modo per i partecipanti di approfondire la discussione, riprendere i temi principali o più controversi, ribattere su eventuali punti di disaccordo, né di elaborare proposte che siano poi analizzate in altri contesti. Inoltre, persino per il fedele più preparato e colto è pressoché impossibile riassumere in un intervento spontaneo di soli 3 minuti il proprio pensiero su domande e contenuti tanto profondi e complessi.
Come cambia la città?
Analisi storica e attualità
L’analisi della situazione sociale, economica, politica della città è stato probabilmente uno dei portati più interessanti del Congresso eucaristico. I bolognesi sono stati convocati a due grandi appuntamenti diocesani: l’incontro Chiesa e città il 2 marzo e l’assemblea diocesana dell’8 giugno. Nel primo, mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, ha svolto il tema La gioia del Signore sia la vostra forza che costituisce il motto episcopale di mons. Zuppi. Come il popolo d’Israele dopo l’esilio in Babilonia necessitava di ricostruzione a livello morale e materiale (cfr. Ne 8), e trovò lo slancio per realizzarla nel leggere il Libro «dal sorgere del sole fino a mezzogiorno», così le odierne città degli uomini soffrono senza una ricostruzione spirituale e morale. La Chiesa non può che fondarla sul bene più prezioso che ha da portare in dono: il Vangelo. Citando don Giuseppe Dossetti: «Ci vogliono battezzati formati a essere e ad agire nel tempo, continuamente guardando all’ultratemporale, cioè abituati a scrutare la storia ma nella luce del metastorico, dell’escatologia».
Un prezioso aiuto a leggere la storia della chiesa e della città per comprenderne la situazione attuale è venuto dal prof. Ivano Dionigi, latinista, già rettore dell’Università di Bologna. Egli ha posto a confronto la Gaudium et spes (1965) con l’Evangelii gaudium (2014): se per Paolo VI aveva primeggiato la scoperta del popolo ecclesiale, ora per Francesco primeggia il popolo universale. In questa ottica è importante che i linguaggi della Chiesa sappiano parlare a tutta la popolazione, diventino, insomma, linguaggi della città.
La Chiesa di Bologna non si sottrae alla sfida del cammino comune con il mondo laico, e anzi l’arcivescovo con il Congresso ha cercato di stimolarlo: per questo l’appuntamento successivo, l’8 giugno, si è svolto in forma di assemblea cittadina a cui erano invitati tutti, credenti e non. Più che di una vera assemblea si è trattato di un convegno, poiché la parola è spettata ai soli relatori prestabiliti; ma già l’idea di far parlare, all’interno della Basilica di San Petronio, le varie autorità civili e religiose, ha segnato una forte volontà di collaborazione fra l’anima cristiana e quella laica di Bologna. Senza dilungarci nella descrizione delle specificità locali, segnaliamo un’interessante chiave di lettura della compagine sociale data dal sindaco di Bologna. Per Virginio Merola la città comprende tre gruppi sociali, la cui composizione appare oggi molto diversa rispetto a qualche decennio fa: la città operosa, la città degli esclusi; la città rancorosa. Solo un’alleanza tra i cittadini operosi e quelli esclusi potrà alleviare i problemi di oggi, e ridare fiducia ai sempre più numerosi cittadini pieni di rancore, magari riducendone il numero.
Il Congresso eucaristico vorrebbe essere un tentativo per farlo, chiamando a raccolta tutte le forze positive dei cristiani attorno al mandato eucaristico. Le celebrazioni finali, che si stanno svolgendo nel momento in cui scriviamo, con l’imminente visita di papa Francesco e la consegna delle linee pastorali alla diocesi, dovrebbero delineare qualche cammino concreto. Vedremo se e come la Chiesa saprà portare il pane eucaristico a tutti gli uomini e alle donne che vivono nel suo territorio, e non solo.
Elena Boni