Chiaro Mario
Bartolomeo I a Bologna
2017/10, p. 13
Con la sua venuta, dopo quella del 2007, il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I ha dato il via a un periodo intenso per la Chiesa di Bologna, in occasione del Congresso eucaristico diocesano voluto dall’arcivescovo Matteo Zuppi, e culminato con la visita di papa Francesco sotto le Due Torri il 1° ottobre 2017.

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Testimoni
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Nel contesto del Congresso eucaristico
BARTOLOMEO IA BOLOGNA
Con la sua venuta, dopo quella del 2007, il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I ha dato il via a un periodo intenso per la Chiesa di Bologna, in occasione del Congresso eucaristico diocesano voluto dall’arcivescovo Matteo Zuppi, e culminato con la visita di papa Francesco sotto le Due Torri il 1° ottobre 2017.
Nel suo intervento rivolto al clero cittadino e dedicato al tema dello “Spirito Santo nel mistero della liturgia della Chiesa”, Bartolomeo I ha evidenziato l’azione dello Spirito Santo e ne ha tratteggiato le operazioni nella creazione, nell’incarnazione e nella Pentecoste, per poi passare a trattare del mistero della Chiesa e quindi della liturgia, nello specifico in quella eucaristica. «Lo Spirito di Dio tende a cambiare il cuore dell’uomo, genera una nuova antropologia, diviene libera relazione di Dio con l’umanità per la sua salvezza… Ma egli non violenta la vita dell’ospite, ma agisce nella vita dell’uomo in modo potente, ma anche discreto e silenzioso». Ha poi sottolineato che vi è «una continua kenosis dello Spirito, una continua discesa nel mondo con notevole discrezione. Questo ha fatto di Gesù il servo obbediente e sofferente di Dio, lui creatura dello Spirito, abitata dallo Spirito». Secondo l’espressione di sant’Ireneo, Cristo e lo Spirito Santo sono “le due mani del Padre”. Non si può contemplare il mistero della Chiesa senza credere nello Spirito Santo, lo Spirito che santifica. Esso è il vero dinamismo della chiesa e di ogni credente. «Contemplare il mistero per la teologia patristica significa innanzitutto contemplazione del Mistero Trinitario. San Basilio il Grande, vescovo di Cesarea, rappresentando il pensiero dei Padri Cappadoci, scrive che “Come colui che afferra una estremità della catena trae a sé insieme con essa anche l’altra estremità, così colui che attira lo Spirito, attira assieme con esso il Figlio e il Padre».
Citando le parole del teologo ortodosso Evdokimov, il patriarca ha poi affermato: «Quando lo Spirito Santo discende sulla Vergine abbiamo la natività di Cristo. Quando lo Spirito Santo discende sugli apostoli il giorno di Pentecoste, abbiamo la nascita della Chiesa, corpo di Cristo. Quando discende sul pane e sul vino li trasforma nella carne e nel sangue di nostro Signore; e trasforma ogni battezzato in un membro del Cristo (…) Lo Spirito lavora attraverso il tempo e trasforma il corpo della storia in corpo del regno, in Agnello».
L’uomo è ospite
della casa comune
Si scopre in questo modo un punto nodale della testimonianza complessiva di Bartolomeo I: l’intuizione del legame tra una comprensione della tradizione cristiana nella prospettiva dell’Oriente ortodosso e la visione delle questioni più importanti della vita umana e cosmica del nostro tempo. Durante una intensa visita a Monte Sole, presso la comunità monastica della Piccola famiglia dell’Annunziata fondata da Dossetti, Bartolomeo ha dunque affermato che viviamo insieme nella casa comune che il Creatore di ogni cosa ha affidato all’umanità, perché possa progredire umanamente e spiritualmente: «non siamo padroni di questa casa, ma siamo ospiti di essa e come tali abbiamo il dovere di camminare assieme, di essere fratelli, con le nostre convinzioni e particolarità, rispettosi del credere e del vivere altrui». Proprio i luoghi delle stragi nazifasciste del 1944 oggi hanno avuto e stanno dando speranza poiché sono divenuti territori di pace e riconciliazione. «La felice intuizione di don Giuseppe Dossetti di fondare qui una comunità monastica, dedita alla preghiera, alla Scrittura, allo studio, ci portano a sperare cristianamente sul superamento anche delle grandi crisi internazionali, che attanagliano troppi luoghi della terra. Il legame di questa esperienza monastica con i grandi Padri dell’oriente e dell’occidente, dalla prima esperienza del monachesimo dei Padri del deserto e poi di san Basilio e sant’Ignazio in oriente e san Benedetto in occidente assieme a san Francesco e a santa Teresa, testimonia come la Provvidenza di Dio sappia agire per il bene dell’uomo in qualsiasi condizione.
L’ecumenismo inizia
dalle parrocchie
Durante un incontro conviviale, che ha visto riuniti i parroci delle locali comunità ortodosse e i parroci e sacerdoti della diocesi bolognese, il patriarca ha sottolineato l’importanza di queste presenze sia dal punto di vista delle relazioni inter-ortodosse, sia per l’impatto ecumenico determinato dal fatto che la maggioranza dei templi utilizzati dalle comunità ortodosse sono di concessione della locale arcidiocesi cattolica. «Negli ultimi decenni siamo stati testimoni di una immigrazione massiccia di gente dai paesi tradizionalmente ortodossi dell’Europa orientale, dai Balcani e dal Medio Oriente, che si è aggiunta alle presenze ortodosse più antiche esistenti in Italia… Questa migrazione di intere famiglie ha posto le sante chiese ortodosse locali nella necessità di provvedere alla cura pastorale dei propri figli, creando non solo strutture parrocchiali e comunità, ma anche diocesi ortodosse al di fuori dei confini canonici di ogni chiesa locale. È venuta così a strutturarsi la Diaspora ortodossa, la cui valenza ecclesiologica non è conforme ai canoni propri della Chiesa ortodossa». Le Chiese ortodosse hanno così costituito nei vari paesi le Assemblee episcopali, il cui scopo principale è quello di armonizzare l’opera della Chiesa, oltre la identità etnica dei vari popoli e in uno spirito di collaborazione reciproca. «Questo è possibile naturalmente solo se le comunità o parrocchie di un territorio, come la città di Bologna e dintorni, al di là della dipendenza canonica e sempre in accordo con il proprio vescovo, sanno dare testimonianza di unità visibile, di credibilità e di rispetto reciproco, ma soprattutto di collaborazione pastorale, liturgica e filantropica, pur nelle loro differenze linguistiche e nel rispetto della propria provenienza e delle proprie tradizioni locali ma, e soprattutto, nella consapevolezza di appartenere alla sola Chiesa di Cristo». In clima di “convivenza” tra cattolici e ortodossi, le nostre parrocchie, nell’opera pastorale a favore dei propri fedeli, hanno la possibilità di manifestare le bellezze della nostra Chiesa e hanno la possibilità di ammirare le bellezze degli altri fratelli cristiani. Il patriarca ha rimarcato così che insieme si possono affrontare le grandi sfide dei nostri tempi, come la scristianizzazione delle società cosiddette cristiane, il fondamentalismo religioso, il relativismo, il consumismo fine a se stesso, la secolarizzazione, la globalizzazione priva dei fondamentali diritti di ogni essere umano, la catastrofe ambientale, le nuove migrazioni bibliche e la incapacità di molte società di affrontare il problema, la crisi del lavoro, la povertà e le prospettive per il domani, il futuro della famiglia e le nuove sfide.
Giustizia ambientale
e giustizia sociale
Il leader ortodosso ha anche tenuto una lectio magistralis all’Assemblea Legislativa regionale sul tema “La salvaguardia dell’ambiente e la salvaguardia della vita”, ricevendo la cittadinanza regionale onoraria. In uno dei passaggi salienti della conferenza ha affermato: «seppure le condizioni storiche oggi hanno ridotto numericamente la presenza dei cristiani nella nostra città, resta immutata la forza e l’importanza della nostra Chiesa, anche di fronte alle sfide del mondo attuale, dove è sempre più necessario spegnere i fondamentalismi di qualsiasi tipo per favorire il dialogo franco tra religioni, culture, ideologie e sistemi economici». Soffermandosi sul tema a lui caro del creato, per il quale ha firmato un messaggio congiuntamente con il papa lo scorso 1° settembre, ha sottolineato che l’impegno a favore dei cittadini e del territorio poggia su tre cardini principali: la sicurezza, la qualità e la sostenibilità. «Ogni azione offre sicurezza se la sua qualità è sostenibile nell’ambiente. Ne consegue che la rinnovata attenzione per la nostra “casa comune” non è appannaggio solo di alcuni, ma è l’assoluta capacità di ogni essere umano di farsi promotore della vita e della vita dei tempi che verranno».
La Chiesa Ortodossa, con le iniziative del Patriarcato ecumenico fin dal 1989, ha cercato di comprendere la dimensione spirituale della crisi ecologica, individuando il legame teologico tra la natura delle cose e la loro appartenenza a Dio. Un lungo processo di analisi ha rivelato che è decisivo non soltanto curare i sintomi della crisi ambientale, ma anche comprenderne le cause superando il mito della civiltà fondata solo sul progresso continuo, sulla sovranità della ragione e della crescita illimitata e di esprimere la crisi ecologica come “la crisi di una cultura che ha perso il senso della sacralità del mondo, poiché ha perso il suo rapporto con Dio” (J. Zizioulas). Ne consegue che, come dice anche papa Francesco nella enciclica Laudato si’, il preservare la natura e il servizio del prossimo sono inseparabili. «Come ha sottolineato il Grande Concilio della Chiesa Ortodossa nel giugno 2016 a Creta: “Il divario tra ricchi e poveri si è drammaticamente aggravato a causa della crisi economica, che normalmente è il risultato della speculazione sfrenata da parte di fattori finanziari, della concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e di attività economiche perverse che, prive della giustizia e sensibilità umanitaria, alla fine non servono le reali necessità dell'umanità. Un’economia sostenibile è quella che combina l’efficienza con la giustizia e la solidarietà sociale”». Dunque il mondo della fede può essere veramente un potente alleato negli sforzi per affrontare tutte le crisi che attanagliano le nostre società: la giustizia ambientale, la giustizia sociale, la capacità di accoglienza cosciente e sostenibile, la salvaguardia della cultura e delle tradizioni, il valore della biodiversità e della salvaguardia biologica. L'approccio al problema ecologico, sulla base dei principi della tradizione cristiana, richiede non solo il ravvedimento per il peccato di sfruttamento delle risorse naturali (con un cambiamento radicale di mentalità e comportamento), ma anche un ascetismo, come antidoto al consumismo, alla divinizzazione dei bisogni e all’atteggiamento di possesso.
Con convinzione il patriarca Bartolomeo ha concluso richiamando il fatto che nei sacramenti «l’uomo è incoraggiato ad agire come economo, custode e ‘sacerdote’ della creazione, portando davanti al Creatore in modo glorificante: “Il Tuo dal Tuo, a Te offriamo in tutto e per tutto” e coltivando un rapporto eucaristico con la creazione». Come è scritto nel Messaggio congiunto del patriarca e del papa per la Giornata mondiale di preghiera per il creato, «un obiettivo della nostra preghiera è cambiare il modo in cui percepiamo il mondo allo scopo di cambiare il modo in cui ci relazioniamo col mondo. Il fine di quanto ci proponiamo è di essere audaci nell’abbracciare nei nostri stili di vita una semplicità e una solidarietà maggiori. Noi rivolgiamo, a quanti occupano una posizione di rilievo in ambito sociale, economico, politico e culturale, un urgente appello a prestare responsabilmente ascolto al grido della terra e ad attendere ai bisogni di chi è marginalizzato, ma soprattutto a rispondere alla supplica di tanti e a sostenere il consenso globale perché venga risanato il creato ferito. Siamo convinti che non ci possa essere soluzione genuina e duratura alla sfida della crisi ecologica e dei cambiamenti climatici senza una risposta concertata e collettiva, senza una responsabilità condivisa e in grado di render conto di quanto operato, senza dare priorità alla solidarietà e al servizio».
Mario Chiaro