Guccini Luigi
Gli Istituti religiosi oggi. C'è ancora un futuro?
2018/6, p. 10
«uno dei più gravi rischi della VR oggi è vivere il declino numerico come decadimento spirituale». Mi sembra che sia veramente qui il punto, oggi come non mai.

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Testimoni
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Gli Istituti religiosi oggi. C’è ancora un futuro?
Mi è capitato tra mano il testo di una relazione che tenni anni addietro a Triuggio ai religiosi della Lombardia. Eravamo nel 1991 e rileggendola mi sono reso conto di quanto fosse diverso il clima che si respirava allora rispetto a oggi.
Questo mi ha molto colpito ed è cosa che fa riflettere. La vita è per tutti cammino e non ci si deve meravigliare se tutto evolve. Ma ci sono delle cose che fanno molto pensare e meritano attenzione. Vorrei indugiare un attimo su questo.
Verso un decadimento spirituale?
Proprio in quella relazione citavo un’affermazione di p. Cabra all’assemblea dei superiori maggiori europei, che mi sembra colga terribilmente nel segno. Diceva che «uno dei più gravi rischi della VR oggi è vivere il declino numerico come decadimento spirituale».
Mi sembra che sia veramente qui il punto, oggi come non mai. Non intendo riprendere e riproporre la relazione che tenni a Triuggio. C’è tuttavia una serie di passaggi che, rapportati alla realtà di oggi e al clima che si respira tra noi, ripropone l’interrogativo se non sia proprio questo ciò che sta accadendo ai nostri istituti: non stiamo per caso vivendo il declino numerico come decadimento spirituale?
L’interrogativo è serio perché, se fosse così, sarebbe certamente la fine non della VR, che è parte essenziale della chiesa, ma di quella espressione di VC che viviamo noi, nei nostri istituti.
Mi rendo conto che mi sto mettendo su un percorso aspro, ma dobbiamo avere il coraggio di percorrerlo. Mi sembra che ci può servire anche uno sguardo alle provocazioni che ci vengono dal passato recente, per la capacità che hanno di riportarci a un confronto schietto e senza infingimenti con ciò che sta succedendo nei nostri istituti oggi.
Vedere se c’è chi ci sta
Il punto nodale lo indicava lo stesso Cabra quando affermava che «solo una VR fortemente orientata verso Cristo Signore» può avere futuro. «È su questo punto della sua rinascita spirituale che si gioca il futuro della VR in Europa … Occorre una VR che ritrovi se stessa come movimento di spiritualità, come “scuola del servizio del Signore”, come “luogo” ove l’uomo può essere accompagnato verso il Padre».
È ciò che si era detto anche nel convegno organizzato da Testimoni “a vent’anni dal concilio”. Si disse che «la vera urgenza è ritornare all’essenza del vangelo… Evangelizzare non è semplicemente portare il vangelo agli altri, è prima di tutto far diventare evangelica la nostra vita. Il vangelo si grida con la vita».
Dire che l’evangelizzazione – si disse ancora al convegno – è soprattutto una questione di spiritualità, perché si tratta non solo di annunciare il vangelo in astratto, ma di far vedere come può essere vissuto, vuol dire essere rimandati a ciò che della VR costituisce l’anima e il cuore.
Appunto la qualità della vita spirituale e di fede che la deve caratterizzare. Ritorna qui anche quel “magistero spirituale” e di guida delle coscienze che ha sempre caratterizzato la VR nei secoli.
E insieme a questo, prima di questo, il fatto che la VR, come scelta radicale di fede, si pone, se non come esempio, come segno indicatore delle strade del vangelo nel mondo.
Si fa presto a dirlo, ma è qui che si vede se la situazione di povertà che ci segna oggi la stiamo vivendo da credenti o come fattore di decadenza. I nostri santi ce lo fanno vedere: è nella povertà che il cristiano trova le condizioni per radicarsi davvero in Cristo. Ma i nostri istituti la stanno vivendo così?
Anche il passato insegna
Io penso che il Signore non ha ritirato da noi la sua grazia, e abbiamo tutte le possibilità per far fronte alle sfide che ci riguardano, ma bisogna che ci sia chi ne è consapevole e ha il coraggio di scegliere. Non vorrei ritornare su cose già dette e ripetute, ma non può non far riflettere il fatto che certe cose le avevamo capite e ripetute già 30 o 40 anni fa. E’ vero che nel post-concilio abbiamo troppo giocato le nostre risorse sul versante dell’aggiornamento strutturale e organizzativo, ma molti di noi si erano accorti abbastanza in fretta che questo era un percorso senza sbocchi.
Proprio Testimoni, così attento al cammino di rinnovamento della VC, non ha mai cessato di ripetere che il vero punto sfida era il rinnovamento spirituale della VR. Non solo dei singoli come persone, ma delle comunità e degli istituti.
Quello che veniva riconosciuto come punto nodale – era la crisi di identità spirituale e apostolica della VR. Occorreva un più chiaro recupero di identità spirituale. Potrei citare qui quel grande uomo che è stato padre Arrupe. Diceva che la causa prima della crisi della VR, il primo “sintomo di invecchiamento” è “il distacco da Dio”, la “perdita dell’esperienza di Dio, la diffusione dell’atonia spirituale”.
Oppure p. Tillard, il quale ricordava che “una vita giocata sul vangelo si trova minata dal di dentro e progressivamente corrosa, meno dal problema del celibato o dall’ottusità dei superiori che dall’oscuramento dell’entusiasmo per il vangelo. Le nostre crisi di oggi sono soprattutto crisi di entusiasmo”. Un altro autore parlava di un “preoccupante decadimento della spiritualità” e affermava che, nel momento più fervido del post-concilio, i nostri istituti sono stati “più pronti a concedere la libertà per il disimpegno, che non per l’impegno”.
Non citerei queste affermazioni se non per invitare a domandarsi se hanno ancora qualche cosa da dirci oggi, o è meglio lasciar perdere. Di p. Cabra ho già detto. T. Matura ha una nota che merita di essere citata. Esaminando il cammino della VR lungo i secoli, costatava che «le famiglie religiose che hanno segnato in profondità il loro tempo e sono sopravvissute alla prova degli anni, sono quelle che hanno avuto come progetto fondamentale la formazione di uomini evangelici … Oggi anche le congregazioni dette attive sentono sempre più che il centro di gravità nella loro vita religiosa non può essere una funzione o un compito; bisogna invece trovarlo in una visione evangelica dell’esistenza. L’essere cristiani è il vero centro».
Oggi tocca a noi
L’accento, come si vede, cade tutto sulla riqualificazione spirituale dei nostri istituti. L’espressione è forte, una vera sfida per noi oggi. Si tratta di vedere come la prendiamo e se la prendiamo sul serio.
La media delle età tra noi è molto alta, ma dei giovani che ne è? E’ vero che sono pochi, ma il problema non è lì. Non è mai stato questione di numeri nella storia della VR, soprattutto quando si è trattato delle riforme e dei rinnovamenti che hanno ridato vita agli ordini e istituti religiosi.
Quello che occorre, oggi più che mai, sono dei fratelli – e dei giovani – che abbiano dentro il fuoco dello Spirito. Se manca questo, proprio perché siamo in un momento di grande povertà, sarà la fine, ed è giusto che sia così.
Ci sono delle nuove forme di VC – e bisogna pregare perché il Signore dia consistenza a quelle che hanno trovato la strada buona – ma i nostri istituti potrebbero semplicemente trovarsi a dovere chiudere. Lo so che ci sono le nuove chiese in Africa, Asia e America L., dove, così almeno si dice, le vocazioni abbondano. Ma quali vocazioni e quale VC? C’è per loro come per noi in occidente – per loro anche di più – il problema della qualità spirituale della vita di consacrazione.
Cosa tutt’altro che scontata e tutta da provare. Su questo tuttavia non è il caso di indugiare. Quello che mi premeva sottolineare è l’esigenza urgente di un risveglio spirituale tra noi, nelle nostre comunità. Con riferimento soprattutto ai giovani, perché è nelle loro mani il futuro. Non sarà cosa facile, è un’impresa più grande di noi; ma il braccio del Signore non si è accorciato e tutto può rifiorire, all’unica condizione che ci sia chi ci sta! Il rischio del decadimento spirituale dipende anche da altri fattori, sui quali – con umiltà e franchezza – bisogna vigilare, senza tuttavia ignorare la prospettiva di fondo, quella che abbiamo prima evidenziato. C’è, per esempio, il fenomeno dilagante dell’autoreferenzialità e dell’individualismo, quel “ciascuno per conto suo” che segnerebbe inevitabilmente la fine di tutto, e senza neanche dover attendere troppo … Ma non è il caso di insistere su questo e su altri fattori di questo genere. Meglio tenere lo sguardo e il cuore attenti alle possibilità positive che ci sono offerte, e domandarci se abbiamo convinzione e volontà per giocarci su di esse.
Luigi Guccini