Non � una pia esortazione, n� una sorta di �ultima spiaggia� vista l�ineluttabilit� dell�esperienza del nostro limite. Accettare la propria fragilit� � qualcosa di pi�, un atteggiamento che segna un passaggio interiore, una �conversione� che affonda le sue radici nella parola di Dio. San Paolo ci ricorda che questo passaggio porta con s� qualcosa di molto profondo e vitale, addirittura qualcosa di mistico: �Ti basta la mia grazia: la forza, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza� (2Cor 12,9).
Non si tratta solo di una personalissima esperienza di Paolo, ma proprio di un tratto caratteristico del modo di procedere di Dio nella sua relazione con l�uomo. In un'altra delle sue lettere, infatti, Paolo ci ricorda che �Dio dimostra il suo amore per noi perch�, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo � morto per noi� (Rom 5, 8), come a dimostrare che a fare problema non sar� mai il suo atteggiamento di fronte alla nostra fragilit�, al nostro peccato, ma il nostro.

Un�esperienza sempre scomoda

L�esperienza della nostra fragilit� � spiacevole e difficile da gestire. Toccare con mano il nostro limite personale, sentire dentro la fatica, l�incertezza nel decidere, non saper come muoversi in circostanze percepite come troppo complesse per le nostre capacit�� sono esperienze che non hanno soluzioni rapide, automatiche o definitive. La nostra fragilit� ci fa sentire di volta in volta ansia, disagio, dubbio, insicurezza, rabbia, inferiorit�, ribellione, confronto con gli altri e invidia� tutte emozioni poco piacevoli.
Il fatto non si limita a qualche sporadica esperienza, marginale nel contesto della nostra esistenza quotidiana. Si tratta di una realt� con la quale ci confrontiamo sempre, ai pi� vari livelli: individuale, relazionale, comunitario, educativo.
A livello individuale, l�esperienza della fragilit� � passaggio obbligato per tutti, tocca la questione dell�identit� e del valore personale. Tutti noi abbiamo sperimentato, e sperimentiamo, dubbi � enormi durante l�adolescenza � circa la nostra dignit� personale, il valore di essere fatti proprio cos�, con pregi e limiti del tutto caratteristici. L�essere unici � un privilegio, ma anche un peso e una grande responsabilit�.
A questo si aggiunge l�esperienza della fragilit� relativa alla chiarezza personale in riferimento a un ideale, a un progetto di vita e alla coerenza con un chiaro sistema di valori. Vogliamo essere persone autentiche, tendiamo alla comunione nella comunit�, vogliamo vivere il lavoro come un servizio, le relazioni con uno stile particolare: sono tutti desideri che dicono riferimento al mondo dei valori e al nostro Io ideale. E non sempre ci riesce di vivere ci� che desideriamo, secondo i grandi valori in cui crediamo. Tutto ci� si traduce in quella particolare percezione di s� che � la nostra stabilit� emotiva e il senso positivo dell�Io, anch�esse sempre esposta alla fragilit�.
A livello relazionale, l�esperienza della fragilit� si presenta non appena si evidenziano le piccole o grandi differenze individuali. Abbiamo bisogni diversi, valori diversi, idee diverse, reazioni diverse di fronte alla realt�: una ricchezza di provocazioni che ci mettono in crisi, poich� scatta in noi un�immediata autovalutazione e un istintivo confronto con gli altri. Gli esiti di questa reazione possono essere diametralmente opposti, a seconda della maturit� individuale: o si scivola meccanicamente in un atteggiamento di competizione � difensivo e poco utile � per decidere chi � il �migliore�, oppure si coglie l�occasione di questa diversit� per valorizzarla, entrando in un atteggiamento di collaborazione responsabile in riferimento a un progetto comune, percepito come un�opportunit� di crescita per tutti.
A livello comunitario, si avverte la propria fragilit� proprio nel riconoscimento e nell�accoglienza della diversit� dell�altro, con tutti i suoi limiti e le sue qualit�. Quel che si diceva a proposito del livello relazionale trova applicazione anche qui, dove, si sa, si pu� scadere in atteggiamenti competitivi anzich� cooperativi. Solo se si mantiene ben chiara una delle finalit� della vita comunitaria � la consacrazione al Bene e alla crescita del fratello/sorella � sar� possibile vivere una vita comunitaria in cui la condivisione di un progetto carismatico e pastorale, e la fedelt� ad esso, sono il criterio che assicura la presenza di passaggi evolutivi utili al singolo e alla comunit�.
A livello educativo, cio� sul versante delle responsabilit� educative ai pi� vari livelli, l�esperienza della fragilit� pu� essere stigmatizzata nell�interrogativo: sto facendo bene? Chi me lo garantisce? A questo proposito, avere come punto di riferimento una visione antropologica che rispetti le caratteristiche e le aspirazioni fondamentali dell�essere umano � un utile elemento di discernimento.

Punti utili al discernimento

Per mettere in evidenza alcuni punti utili al discernimento, � bene vigilare su alcuni meccanismi relazionali sempre pericolosi.
In generale, l�altro pu� a buon diritto essere oggetto delle mie attenzioni e del mio affetto, ma non deve mai essere vissuto come un prolungamento di s�. Un tale atteggiamento denuncerebbe un meccanismo di un�identificazione proiettiva, o un rapporto simbiotico col quale inconsciamente si mette a tacere l�ansia della propria insicurezza strumentalizzando l�altro, ma certamente senza promuoverne la crescita.
Allo stesso modo, l�educatore � chiamato ad amare nella libert�, senza cio� legare l�altro a s�. Che significa? Vuol dire che anche l�amore pu� essere una strategia per esercitare un controllo, un modo per dominare l�altro� ed � proprio quel che bisogna guardarsi dal fare.
Il compito educativo � far crescere nella libert�. Tutti d�accordo, naturalmente, ma non � facile stare di fronte alla libert� di un�altra persona e al suo modo di usarla: subito ci sentiamo provocati dalla diversit�, e l�esperienza della nostra fragilit� fa scattare spesso strategie difensive che cercano di limitare la libert� dell�altro. Ci sono, infatti, dinamiche educative che fanno forza sul senso di colpa, un modo per piegare con il ricatto affettivo la volont� e la libert� altrui.
� bene ricordare, ancora, che l�opera educativa deve valorizzare l�intelligenza e il senso di iniziativa. Educare non � mai �addomesticare�. Non deve, cio�, favorire la dipendenza. L�educazione non si realizza con relazioni fondate sulla compiacenza, sul continuo riferimento a ci� che vuole o desidera l�educatore. Deve piuttosto aprire l�altro al coraggio nel prendere iniziativa, al gusto e alla pratica personale dei grandi valori della vita, di cui lo stesso educatore dovrebbe essere testimone. Insomma, pi� esempi che prediche! L�educazione � realt� esistenziale: dal nostro stile di vita gli altri, e i pi� giovani in particolare, dovrebbero poter cogliere il fascino e la gioia del Bene e desiderare di metterlo in pratica a loro volta.

Passaggio obbligato

Sentirsi fragili � un�esperienza legata alla nostra realt� umana. Non � una realt� sconveniente, e tantomeno una vergogna.
Nessuno pu� chiederci di essere onnipotenti, onniscienti, infallibili, eroi senza macchia e senza paura! Dio non lo fa, e certamente nessun altro pu� chiederci una perfezione impossibile.
La realt� � che siamo creature. Fragilit�, crisi, errori, dubbi, fallimenti piccoli o grandi, limiti e peccati fanno parte del nostro bagaglio umano. Scandalizzarsene, far finta che non ci siano, giustificarli: sono tutte strategie che non eliminano la dura realt� di farne l�esperienza. Fanno parte della nostra natura e, ci piaccia o no, in qualche misura rimangono con noi per tutto il tempo della nostra vita.
Accettare di essere creature, con tutti i limiti e le ricchezze che ci caratterizzano, � un passaggio obbligato del nostro divenire persone, del cammino di crescita personale.
Non accettare la propria fragilit� comporta notevoli inconvenienti. Tra le altre cose, significa: temere il giudizio altrui, sentirsi sempre �sotto processo�, per cui gli altri diventano i miei �giudici�. Non tanto perch� lo siano realmente, ma perch� io non accetto la mia fragilit�.
Significa percepire la diversit� del confratello/consorella come una minaccia, e quindi il mio atteggiamento di fondo � quello difensivo.
Significa interpretare il limite, la fragilit� come inferiorit�, come realt� di cui vergognarsi, perci� come qualcosa che devo nascondere, mettendomi maschere diverse a seconda delle circostanze.
Significa sentirsi inadeguati nel proprio ruolo comunitario e nella propria responsabilit� educativa, e cos� trovarmi a vivere con troppa ansia l�essere consacrato/a e formatore, professore, pastore, ecc�
In definitiva, non accettare la propria fragilit� significa temere la crescita, percepita come un sentirsi sempre messi in questione, in una sgradevole sensazione di spiacevole instabilit�. Ma, a livello comunitario, comporta anche il non saper stare di fronte al cambiamento dell�altro, percepito come una minaccia, un�espressione di squilibrio, di scomoda asimmetria che genera ansia e crea un rimescolio generale nel mondo delle proprie insicurezze.

Fragilit� e felicit�

I due termini ci sembrano agli antipodi, in una condizione d�insanabile opposizione, non � vero? Se sei fragile non potrai mai essere felice, perch� la felicit� ci appare come quella condizione di pace e serenit� a tutto tondo che non ammette zone d�ombra, limiti, difetti, incrinature. Se fosse davvero cos� vorrebbe dire che, purtroppo, non esiste alcuna persona felice�
Anni fa, Albert Camus scriveva: �C�� solo una disgrazia: quella di non essere amati. C�� una sola infelicit�: quella di non essere capaci d�amare�. Comprendiamo al volo la prima parte della citazione, un po� meno la seconda che, probabilmente, avremmo completato come la prima. E invece siamo provocati dallo scrittore francese a pensare all�infelicit� non come risultato di un qualcosa di bello che sfortunatamente non ci capita, ma come risultato di un qualcosa di bello che non permettiamo possa accadere a motivo della nostra incapacit� d�amare, delle nostre tante paure, delle chiusure preconcette, delle continue lamentazioni. Perci�, non ci rimane che prendere coscienza del fatto che alla felicit� bisogna lavorare continuamente, cos� come siamo e a partire da quel che siamo, cio� con tutta la nostra fragilit�.
Purtroppo, siamo debitori di una cultura in cui la valenza emotiva oggi ha raggiunto picchi di assoluta anarchia nel vissuto delle persone e dei gruppi sociali: un primato indiscutibile, ma insieme insensato e fuori da una reale logica di valore. Anzi, sembra che sperimentare emozioni forti sia diventato �il� valore irrinunciabile: la fonte che provoca tali emozioni non ha tanta importanza� un po� come se la ciliegina fosse diventata pi� importante della torta!
La vita, invece, ci insegna che il vero amore non � quello che si crede, magari seguendo la semplificazione in chiave sentimentale compiuta dai mass-media e dalla pubblicit�. Nasce qualcosa di autentico e di nuovo quando qualcuno lo rende possibile con la propria disponibilit�, con l�offerta di s�. Amare vuol dire aiutarsi, far di tutto per comprendersi, perch� c�� ancora un�infinit� di cose da conoscere e da comprendere circa la vita, il mondo, l�altro. Amare � dare la vita per il fratello, per diventare pienamente persone, trasfigurate dall�Amore.

Per ben educare


Fare i conti con la propria fragilit� � un presupposto per essere un buon educatore. Infatti, educare significa doversi confrontare con i limiti, i difetti, le fragilit� degli altri, e ci� comporta che noi si sia sufficientemente riconciliati con la nostra fragilit�.
� necessario andare oltre quei meccanismi di difesa che facilmente scattano in noi quando ci troviamo esposti alla nostra fragilit�: la negazione, che porta a dire �io non sono fragile!�; la proiezione, per la quale sembra logico che �� se sono fragile � tutta colpa di� (altri)!�; il fatalismo, per cui �che vuoi� essere forti � questione di fortuna!�; la razionalizzazione con la quale ci si giustifica sempre: �s�, � vero, ma��.
Sarebbero tanti gli esempi che illustrano la nostra tendenza a non fare i conti con la nostra fragilit�. Il ruolo educativo, invece, esige che un uomo e una donna abbiano affrontato decentemente la questione del proprio essere creature segnate dal limite. In caso contrario, come potranno stare di fronte all�esperienza del limite dell�altro? Come potranno essergli d�aiuto?
Un importante criterio della relazione educativa � questo: aiuti la crescita del tuo fratello se anche tu ti mantieni in atteggiamento di crescita. I valori dell�educatore sono il testimone da trasmettere alle nuove generazioni, pi� con i fatti che con le parole che, lo sappiamo, contano fino a un certo punto se non sono sostenute dall�esempio.
Il metodo con cui avviene questo passaggio � condividere i valori, forti di una esperienza personale, a volte proprio sofferta, accumulata nel tempo. Il fine dell�impegno educativo � portare avanti tutti il compito fondamentale della vita: diventare persone autentiche.Obiettivo che, per noi, ha un senso specifico: diventare figli di Dio in pienezza, come Cristo. La sua croce, e il modo con cui l�ha vissuta, danno un significato rivoluzionario alla fragilit� umana�