IL DIGIUNO NEI TESTI LITURGICI DELLA QUARESIMA

ANCORA POSSIBILE PARLARE DI �DIGIUNO�?

 

Le forme concrete del digiuno possono e devono mutare. Tuttavia sarebbe una grave perdita per la vita delle comunit� cristiane eliminare il digiuno da quei mezzi che la tradizione della Chiesa ha da sempre riconosciuto quasi come �sacramenti� della propria conversione a Dio.

 

Digiuno, astinenza, sobriet�� sono tutti termini che nel linguaggio spirituale e religioso odierno vengono spesso evitati, considerati retaggio di un passato non molto lontano nel quale la spiritualit� cristiana sembrava presentarsi con un volto ostile alla corporeit� e incentrata su una certa enfasi posta sul sacrificio e sulla sofferenza in chiave espiatoria. Spesso inoltre si preferisce eliminare dal vocabolario cristiano il digiuno in quanto assimilato a tutte quelle pratiche bollate come esteriori e scadute in puro formalismo.

Gi� nella Bibbia � presente questa tensione nei confronti del digiuno. Nel profeta Isaia troviamo il testo pi� noto, riguardante una pratica formalista del digiuno. Dice Dio per mezzo del suo profeta: �� forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l�uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore?� (Is 58,5). Ma il testo profetico non si conclude con una condanna senza appello del digiuno. Il profeta prosegue parlando di un altro digiuno che, a differenza del primo, � gradito al Signore: �Non � piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo?� (Is 58,6).

La tensione tra il passato e una spiritualit� che respira nuove dimensioni provoca, nei confronti del tema del digiuno, due esiti contrapposti: da una parte i difensori della spiritualit� ritenuta tradizionale continuano a parlare del digiuno come di una pratica espiatoria da osservare scrupolosamente, dall�altra coloro che intendono superare una tale visione finiscono per rimuovere del tutto questo tema della spiritualit� cristiana e della pratica religiosa.

La liturgia e in modo particolare i testi liturgici del tempo di Quaresima possono offrirci una pista per uscire da questo vicolo cieco, costituito da due posizioni estreme, incapaci di rendere ragione della presenza del digiuno e dell�astinenza tra le pratiche della spiritualit� cristiana. Se il linguaggio della spiritualit� ha cancellato il tema del digiuno dal suo vocabolario, i testi della liturgia e le letture bibliche, che il Lezionario propone per il tempo di Quaresima, continuano a parlarne abbondantemente. � significativo che sia proprio la liturgia il canale attraverso il quale � possibile una ri-comprensione del digiuno e dell�astinenza. Infatti nessun luogo come la liturgia (il rito) � pi� interessato a quanto coinvolge il corpo e l�esteriorit� nella relazione con Dio.

 

IL DIGIUNO

COME LOTTA (ASCESI)

 

Il primo dei significati del digiuno che troviamo nei testi liturgici � certamente quello di lotta e ascesi. Questo significato � assai presente anche nei testi dei padri della Chiesa, nei quali spesso si parla del digiuno attraverso metafore che si riferiscono alla lotta. Il digiuno � presentato come una lotta nella quale il cristiano impara a dominare tutto se stesso � anche il suo corpo � per potersi interamente impegnare nel servizio di Dio. Il fine del digiuno � quindi la crescita nella libert�.

Tra i tanti testi della liturgia che presentano questo volto del digiuno proviamo a rileggere quelli che potrebbero essere i pi� significativi. Innanzitutto citiamo il testo del Prefazio IV di Quaresima. Questo testo � significativo perch� riporta in sintesi i frutti del digiuno. Il testo afferma: �Con il digiuno quaresimale tu vinci le nostre passioni, elevi lo spirito, infondi la forza e doni il premio�. Il digiuno vince le passioni, infonde forza, eleva lo spirito. Cio� attraverso la pratica del digiuno il cristiano che vive l�itinerario spirituale della Quaresima cresce nella �libert��, per una maggiore disponibilit� a lasciare spazio all�azione dello Spirito, per poter �camminare � come afferma una altro prefazio quaresimale (V) � sulle orme di Cristo, maestro e modello dell�umanit� riconciliata nell�amore�. Anche nella colletta del mercoled� delle ceneri il digiuno � compreso come arma nel combattimento contro lo spirito del male, per poter percorrere un cammino di vera conversione.

Nei testi liturgici il significato ascetico del digiuno � presentato anche come �educazione del desiderio�. Nella colletta del mercoled� della I settimana si afferma: �Volgi il tuo sguardo, Padre misericordioso, a questa tua famiglia, e fa� che superando ogni forma di egoismo risplenda ai tuoi occhi per il desiderio di te�. Nella traduzione italiana non si parla esplicitamente di digiuno, ma si usa l�espressione �superare l�egoismo�. In realt� nel testo latino si dice esplicitamente che �il desiderio di Dio� che deve risplendere nei credenti � il frutto della mortificazione che si raggiunge �limitandosi nei beni corporali�. Il testo latino riconosce alla pratica del digiuno (corporalium moderatione) la funzione di �educare il desiderio� e di indirizzarlo verso Dio. Leone Magno nei suoi sermoni quaresimali afferma: �Dobbiamo regolare la nostra libert� nel cibo in modo che anche le altre brame siano domate in forza della medesima legge� (Disc. 29,2.2).

 

COME ESPERIENZA

DI FAME E ATTESA

 

Il secondo significato riguarda il digiuno come esperienza di fame e attesa. A questa dimensione si lega il valore simbolico-sacramentale del digiuno stesso. In particolare nei testi liturgici questo significato del digiuno viene strettamente unito al tema del �nutrirsi della Parola�. Il riferimento obbligato, a questo riguardo, � il digiuno di quaranta giorni di Ges� nel deserto (Mt 4,1-11), dove il tentatore si accosta a Ges� per spingerlo a chiedere che le pietre si trasformino in pane. Ma Ges� gli risponde, citando le Scritture: �Non di solo pane vivr� l�uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio�. Questa citazione di Dt 8,3 che si riferisce al cammino del popolo nel deserto nel passaggio dalla schiavit� alla terra promessa, e il riferimento all�episodio delle tentazioni di Ges� nel deserto all�inizio della sua missione, divengono i riferimenti principali del digiuno cristiano. Nel digiuno, nell�esperienza della fame, il cristiano, che attraversa �il deserto quaresimale�, sulle orme di Cristo� (Prefazio V di Quaresima), prende coscienza che la sua vita dipende radicalmente dal Dio che nutre e sostiene la vita.

In questo senso l�orazione dopo la comunione della I domenica di Quaresima prega affinch� coloro che hanno partecipato del banchetto eucaristico imparino �ad avere fame di Cristo, pane vivo e vero�. Questo testo, tratto dalla liturgia vetus hispanica (o mozarabica) afferma che il cibo �diverso� dal pane comune che � stato condiviso nella celebrazione eucaristica deve �insegnare� a coloro che lo hanno ricevuto �ad avere fame�. Non c�� qui un esplicito riferimento al digiuno, ma � comunque significativo il richiamo al fatto che sia necessario formare e plasmare anche la propria fame (esurire discamus), per indirizzarla ad un cibo �vivo e vero�.

Il tema del nutrimento della parola � trattato anche nella colletta della II domenica di Quaresima. � la domenica della trasfigurazione e, in riferimento al comando del Padre di ascoltare il Figlio prediletto (Mt 17,5 e parr.), il testo prega affinch� l�assemblea sia �nutrita interiormente con la Parola�.

 

COME ASTENSIONE

DAL PECCATO

 

Un altro significato dato al digiuno nei testi liturgici e nella tradizione patristica � il digiuno come �rimando� alla astensione dal peccato. Il cristiano digiuna per affermare un altro digiuno che consiste nell�astenersi da tutto ci� che � male nella sua vita e nella esistenza della comunit�, nel rapporto con il prossimo e con Dio. Nei testi liturgici del Missale Romanum di Paolo VI troviamo diverse volte questo tema.

Ad esempio nella colletta del luned� della II settimana il rapporto digiuno/astensione dal peccato � cos� espresso: �O Dio, che hai ordinato la penitenza del corpo come medicina dell�anima, fa� che ci asteniamo da ogni peccato per aver la forza di osservare i comandamenti del tuo amore�.

Questo � un tema molto presente nella tradizione e in particolare nella predicazione quaresimale dei padri della Chiesa. Basta prendere in considerazione i sermoni di Agostino e di Leone Magno per accorgersi della forza dell�immagine che accosta l�astenersi dal cibo all�astenersi dal peccato e dal male. Leone Magno nel Sermone 29 affermava: �L�essenza del nostro digiuno non consiste unicamente nell�astinenza dal cibo, n� si ottiene un vantaggio col sottrarre l�alimento al corpo, se l�anima non si ritrae dal peccato� (Serm. 29,2.1).

 

FINALIZZATO ALLA CARIT�

E ALLA CONDIVISIONE

 

Il quarto significato del digiuno cristiano che possiamo ricavare dai testi della liturgia di Quaresima � legato alla carit� e alla condivisione. Nella colletta del mercoled� della I settimana di Quaresima si chiede a Dio che �coloro che nell�astinenza si moderano nel corpo, dal frutto dell�opera buona siano nutriti nell�anima�. In questo testo i temi messi in relazione sono tre: il digiuno (moderarsi nel corpo), la carit� (l�opera buona) e il nutrimento (nutriti nell�anima). � interessante notare come la colletta affermi che ci� che � �nutrimento� dell�anima � costituito dalle �opere buone�. � nella �carit� operosa� (Prefazio I) che i fedeli che provano la fame del digiuno sono nutriti.

Nei sermoni quaresimali di Leone Magno troviamo ancora una volta espressioni molto ricche per compren�dere meglio la portata del rapporto tra digiuno e carit� presente nei testi liturgici. Nel �frutto del digiuno dato in elemosina� (Serm. 33,6.2) troviamo la verifica del digiuno stesso (Serm. 27,4.1). Il digiuno separato dalla carit� infatti resterebbe sterile. Agostino nel Sermone 207 dice chiaramente che �il digiuno senza misericordia non giova a nulla� (Serm. 207,1). Nella carit�, afferma ancora Leone, l�uomo diviene �imitatore di Dio�: �Il modello (forma) di vita dei fedeli si ricava dall�esempio (exemplo) dell�agire di Dio� ma noi non raggiungeremo la grandezza della sua gloria se non quando si riscontreranno in noi la misericordia e la verit�� la misericordia di Dio ci induce a essere misericordiosi e la sua verit� a essere veraci� (Serm. 32,2.1-2). Il cristiano, attraverso la pratica del digiuno, rende la sua vita �conforme� al mistero che celebra, imita Cristo nella sua passione nella quale massimamente si rivela la misericordia di Dio. Afferma ancora papa Leone: �Prepariamoci (alla Pasqua) con una condotta di vita che ci faccia partecipi della passione e della morte di Colui nella risurrezione del quale anche noi siamo risorti� (Serm. 37,1.2). Il senso del digiuno consiste quindi per il cristiano nell��imitare ci� che desidera celebrare� (Serm. 37,3.1; cf. anche orazione dopo la comunione della III domenica: �Ci� che � operato dal mistero sia adempiuto dalle opere�). � attraverso la celebrazione della Quaresima, e quindi nella pratica del digiuno, della preghiera e della carit�, che, secondo la colletta della I domenica di Quaresima, i credenti possono �crescere nella conoscenza di Cristo�. Nel digiuno il cristiano � �fatto� , come afferma Agostino, a immagine del �Signore del mondo (che) si addoss� la natura di schiavo. E ci� a tal punto che il pane soffrisse la fame; l�abbondanza soffrisse la sete; la forza fosse indebolita; la salute fosse compromessa; la vita morisse. E tutto perch� la nostra fame fosse nutrita�� (Serm. 207,1).

Dal percorso fatto attraverso i testi liturgici della Quaresima presenti nel Missale Romanum di Paolo VI abbiamo potuto osservare alcuni tratti fondamentali del digiuno cristiano. Di fronte a questo �volto� cos� variegato e ricco del digiuno possiamo tentare di rispondere alla domanda che ci eravamo posti all�inizio: � ancora possibile parlare di digiuno?

Certo, �le forme concrete� del digiuno possono e devono mutare proprio perch� �la prassi penitenziale della Chiesa deve essere vissuta nella sua originaria variet� (SCD, n. 10; cf. SC, n. 109-110). Tuttavia sarebbe una grave perdita per la vita delle comunit� cristiane eliminare il digiuno da quei mezzi che la tradizione della Chiesa ha da sempre riconosciuto quasi come �sacramenti� della propria conversione a Dio, in particolar modo nella celebrazione della Quaresima. Il digiuno, abbiamo notato, non � mai visto come qualcosa di isolato e fine a se stesso.

Credo che in questi tratti del digiuno che ci consegnano i testi liturgici e patristici ci sia in qualche modo una possibile risposta alla nostra domanda iniziale. Non solo � ancora possibile parlare di digiuno, ma anzi � necessario. Occorre tuttavia fare attenzione a non isolarlo, come forse si � fatto in passato, e a non cancellarlo dal vocabolario della spiritualit� cristiana, come si rischia di fare oggi. Infatti isolarlo significherebbe, secondo i testi che abbiamo visto, renderlo sterile e addirittura dannoso, ma cancellarlo avrebbe come esito la perdita di un segno forte per dire anche attraverso il nostro corpo �il mistero che celebriamo� e �progredire nella conoscenza del mistero di Cristo�, attraverso quel �vuoto� che in noi �attende� di essere colmato.

Matteo Ferrari, _monaco di Camaldoli_matteoosbcam@tin.it