PADRE TRABUCCO AI FORMATORI

FORMARE I MISSIONARI OGGI

 

L�educazione dei missionari significa elaborare un progetto che porti giovani religiose/i a diventare discepoli del Regno secondo il proprio carisma, a crescere come esperti di comunione e di dialogo, a vivere in una consapevole formazione permanente.

 

Capita ancor oggi di attardarsi nei meandri di una pastorale solo cultuale, devozionistica o ritualistica, quando invece sarebbe il tempo di andare oltre il microfono e l�incenso, oltre il recinto, per ritornare a essere presenza peregrinante tra la gente.

Ebbene, l�opera educativa della Chiesa non pu� ridursi a risvegliare la personalit� di un individuo e neppure a un esercizio intellettuale o a un apprendistato professionale, ma deve mirare alla trasformazione della persona seguendo il modello dell�uomo nuovo Ges�, che cresce solo se impara a passare attraverso la rinuncia e il dono gratuito di s� a Dio e agli altri.

In questa direzione si muove una relazione di Pietro Trabucco, padre generale dei missionari della Consolata, che ha cercato di riflettere su quell�arte delle arti che � la conformazione ai valori evangelici, della missione e del carisma.1

Il missionario, come Ges� (cf. Mc 3, 13-15), � un consacrato al Padre per la causa del Regno: �Discepoli di Ges� noi restiamo per tutta la vita e il successo della nostra missione resta sempre proporzionato alla capacit� di mantenerci alla scuola del maestro�. Innanzitutto occorre perci� verificare se esista, nel singolo candidato, quella percezione di fede e quel legame di amicizia con il Cristo che rivela che �qualcosa� � avvenuto nella sua vita. Solo allora si potr� mettere in campo una serie di attenzioni per incamminarsi nell�autentica sequela del Signore, che non � l�inizio di una carriera umana: lasciarsi affascinare dalla persona di Ges�, tagliare i ponti delle vecchie sicurezze (affetti, cose, hobbies, prestigio), accogliere la fraternit� precaria e fragile che ci viene donata e che non scegliamo, servire il Regno con lo stile di Ges� sottoponendosi ai tre grandi test: ad gentes, ad vitam e ad extra.

In questo modo si supera l�inutile discussione se si � prima missionari e poi religiosi o viceversa: occorre un progetto che integri armoniosamente consacrazione, vita fraterna e missione in ogni momento della formazione. In tale progetto, afferma p. Trabucco, vanno risottolineate alcune esigenze imprescindibili della vita nei seminari, quali la preghiera, la celebrazione quotidiana dell�Eucaristia, l�uso meditato e pregato della parola di Dio, il clima di fraternit� e la riflessione teologica per crescere in zelo apostolico.

DISCEPOLI DEL REGNO

SECONDO UN CARISMA

�Il giovane religioso deve mettersi davanti al carisma con il cuore e con la mente aperti: deve infatti imparare a leggerlo, interpretarlo e viverlo. Egli dovr� trovare nel formatore la persona capace di accompagnarlo a dissetarsi a quest�acqua fresca di vita, una memoria costante che suggerisce, consiglia e propone�. Nello studio del carisma occorre curarne l�inculturazione, la lettura ecclesiale e il radicamento comunitario.

Bisogna che i formatori abbiano innanzitutto chiaro il nucleo fondamentale e irrinunciabile del carisma per �riuscire a esprimerlo in maniera comprensibile e con riferimento alla cultura del paese in cui si trovano�. In passato il carisma veniva considerato come dono dello Spirito vincolato a una famiglia ben precisa, oggi invece siamo invitati a fare del carisma una lettura pi� aperta, ecclesiale e universale: �Esso � piuttosto dono dello Spirito che ha come confini il mondo intero. Pertanto, con coraggio comunichiamolo, proponiamolo, condividiamolo. Imparino i nostri giovani a considerarlo cos�, a trasmetterlo con gioia� non dobbiamo avere paura che i nostri giovani si relazionino in profondit� con altri religiosi. La vicinanza ad altri carismi porta con s� il desiderio di approfondire il proprio, di dare ad esso maggiore consistenza. I carismi non si mescolano tra loro, ma si armonizzano e si arricchiscono vicendevolmente�.

Il carisma vissuto, infine, � capace di creare famiglia: �Lo spirito di famiglia, il sentirsi identificati pienamente con una comunit�, il senso di appartenenza a una famiglia religiosa non nascono da un vago sentimento o dalla sola riflessione. Vivendolo in pienezza, il giovane si identifica inconsapevolmente con tutti i valori e gli ideali della nostra famiglia, matura una carica apostolica, sente di appartenere a un gruppo umano che gli d� identit�, gioia, e una sana fierezza. Anche la ricca eredit� storica dell�istituto � �carisma� e merita di essere conosciuta: diventa maestra di vita per le nuove generazioni. Alcune recenti richieste di uscire dall�istituto da parte di giovani missionari, neo sacerdoti o professi perpetui, hanno non solo causato tristezza ma ci hanno seriamente interrogati se la loro appartenenza all�istituto ha mai messo radici profonde, se la loro formazione allo spirito di famiglia sia mai stata oggetto di seria considerazione. Una famiglia non la si abbandona in quel modo��.

 

IN UN MONDO SMARRITO

ESPERTI DI COMUNIONE E DIALOGO

 

La formazione deve essere cosciente del contesto in cui si trovano i giovani: un pensiero debole che incentiva fenomeni di insicurezza, mediocrit�, fuga nel privato e soggettivismo etico. Nella cultura del frammento come potr� la formazione che impartiamo nei nostri seminari essere una risposta adeguata?

�Il mio disorientamento, confida p. Trabucco, si accentua quando penso che non solo questo � il mondo in cui viviamo, di cui fanno parte in buona parte tutti i popoli e tutte le culture, ma da questa societ� e da questa cultura devono sorgere le vocazioni per il nostro istituto. A questi giovani che bussano alle nostre comunit�, noi dovremmo far fare un cammino formativo che li renda forti e ben equipaggiati di fronte alle grandi sfide della missione, capaci di vibrare di passione per la gente a cui saranno inviati, identificati con la vocazione non facile di consacrazione alla missione�.

Innanzitutto sar� necessario rileggere i voti religiosi: �la povert� dovr� far emergere i valori che l�economicismo esasperato d�oggi sta ignorando o disprezzando. L�obbedienza religiosa deve essere risposta alle concezioni sbagliate ed estreme di una libert� senza leggi e senza freni. Cos� il nostro amore casto dovr� predicare che esiste un�alternativa al principio del piacere, che esiste gioia in questo modo di amare�. Quindi bisogner� dare risalto ai valori forti e nobili dell�umanesimo passato (la premura per la persona, il senso della libert�, la difesa dei diritti umani) e alimentare uno spirito che non demonizzi il presente: �Una sfida grande a ogni processo formativo � la capacit� di confrontare gli atteggiamenti che sottostanno alle forme del pensiero moderno con i valori del Vangelo, della consacrazione e della missione. Non ci si difende da essi semplicemente ignorando o condannando queste forme di pensiero. Meglio coglierne l�intento e la sostanza e accostarli al Vangelo stesso, alla nostra spiritualit�, o richiamandoli nel contesto vissuto della missione�.

A fronte dello scenario postmoderno, sopra ogni cosa si sta facendo strada l�esigenza di personalit� esperte di comunione e di dialogo. Il mondo vede nell�anelito alla comunione e alla fraternit� universale uno dei messaggi pi� forti che il cristiano possa dare. Ogni dinamica formativa in questa direzione, sottolinea allora p. Trabucco, �deve partire innanzitutto da esperienze forti di fraternit� all�interno delle nostre comunit�. Ecco alcuni obiettivi irrinunciabili: combattere sin dall�inizio le logiche da �liberi battitori�; costruire punti di riferimento comunitari (piano di vita e di lavoro, incontri ben determinati) per non condurre esistenze parallele; alimentare una ricca comunicazione nella logica dell�internazionalit�; assumere la dimensione comunitaria dei voti, estendere la fraternit� all�interno dell�istituto tra uomini e donne integrando anche i laici.

In primo luogo, la sfida della comunione passa per la capacit� di fedelt� creativa in contesto internazionale e intergenerazionale. �La vita consacrata, a differenza di altre istituzioni sociali odierne, crede che ogni et� abbia la sua missione da svolgere, sia quella che sta iniziando un cammino come quelle che si apprestano ad �ammainare le vele�. Il segreto della �rifondazione della vita consacrata�, a cui tante volte i religiosi fanno riferimento, sta proprio nella circolarit� vitale di valori tra le varie generazioni presenti nelle nostre comunit�. Altrettanto si pu� dire della convivenza nella stessa comunit� di missionari di varia estrazione razziale e culturale. Lungi dall�essere un impedimento alla convivenza o un rallentamento nelle attivit�, tale variet� culturale che noi chiamiamo �internazionalit�� viene da noi considerata un valore�.

Per vivere queste relazioni � necessario che ogni persona sappia rinnovare costantemente le opzioni della propria vocazione, in una logica comunitaria fatta di discernimento e di appartenenza (�questo senso di appartenenza non pu� essere solo affettivo o a livello intellettuale. Esso deve assumere risvolti concreti per creare uno spirito di famiglia che sappia appoggiare, orientare e valutare il lavoro di ogni suo membro�), con il banco di prova dell�empatia, la dote che apre all�altro e permette che l�altro entri nel mio mondo: �questa carrellata di qualit� che filtra nella vita dei nostri giovani potr� pure costituire la cartina di tornasole per giudicare il grado di maturit� di un allievo e della sua qualifica per affrontare le tappe impegnative della sua vocazione, quali la professione perpetua o gli ordini sacri�.

In secondo luogo, la sfida del dialogo (inteso come capacit� di uscire da se stessi per avventurarsi verso l�altro) fa emergere due direzioni: quella verso se stessi e quella verso l�altro. �Il primo prossimo siamo noi stessi e dentro di noi dobbiamo saper trovare un �altro da noi� quando ci addentriamo nel nostro io con seriet� e verit��. Ricordo in questo contesto l�importanza che possono avere, in un cammino formativo dei giovani verso la comunicazione con se stessi, l�uso e la pratica della meditazione, la capacit� di esame personale di vita, il progetto personale di vita, la direzione spirituale e una autentica vita di preghiera personale�.

 

CONSACRATI

IN FORMAZIONE PERMANENTE

 

Nel dialogo con l�altro il primo passo � diminuire la pericolosit� di barriere comunicative, come il linguaggio ambiguo o l�assenza di trasparenza o la sordit�. Il missionario sia introdotto allora alla �comunicazione profonda della propria vita di fede� Non posso qui tacere il reale pericolo di un uso non sano dei mezzi informatici. � necessario educare correttamente all�uso di questi moderni mezzi di comunicazione, tanto preziosi se usati correttamente, ma altrettanto pericolosi se usati impropriamente, tanto da diventare per alcuni una vera droga�.

Perch� tutto questo abbia fondamento, il padre generale dei missionari della Consolata conclude la sua relazione sollevando la questione della formazione permanente: come instillare nei giovani il gusto dell�approfondimento costante delle tematiche che hanno a che fare con vocazione e missione? Come aiutare a capire che la sapienza � pi� importante della scienza, e che la formazione deve nutrire tutte le dimensioni della nostra vita e non solo la mente?

Troppo diffusa � l�identificazione della formazione permanente con gli studi accademici e scarsa � la ricerca di itinerari alternativi con attinenza maggiore alle necessit� della persona (periodi di spiritualit�, esperienze significative, scuole di vita). Invece la formazione permanente � la garanzia di crescita umana e spirituale, di fedelt� al carisma e di aggiornamento culturale, di rinnovamento pastorale e di riqualificazione professionale. Tale cammino formativo in contesto comunitario non pu� che avvenire per la mediazione degli educatori. Si tratta di una �paternit�� che comporta una formidabile responsabilit� per il futuro della vita religiosa.

 

a cura di Mario Chiaro

 

 

1 Formare i missionari della Consolata, oggi: tra fedelt� e creativit�, relazione tenuta a un corso interno dell�istituto nel 2003 (Documentazione IMC 63).