LE RELAZIONI IN COMUNIT�
CONFLITTUALIT� E VITA FRATERNA
L�attuale cultura della soggettivit� � al fondo di una conflittualit�
diffusa, che si manifesta anche negli ambienti religiosi. Di che cosa si
tratta?
Alcuni suggerimenti per gestirla
nella vita consacrata.
La vita comunitaria rivela per sua natura difficolt� di relazione,
talvolta anche una conflittualit� che sembra rendere impossibile la fraternit�.
Il termine �conflittualit��, per le valenze emozionali che evoca, si
presta a una molteplicit� di significati. In questo contributo del cappuccino
p. Giovanni Salonia,1 la conflittualit� viene considerata nella accezione di
contrapposizione insopportabile di due prospettive differenti. Tale definizione
include tre condizioni: che ci siano delle differenze (le somiglianze in quanto
tali non creano conflitti); che queste si oppongano tra loro (e non vengono,
quindi, percepite come integrazioni); e che tale contrasto venga avvertito come
stress insopportabile.
Per comprendere un conflitto, poi, � necessario collocarlo nel contesto
relazionale indicando se si tratta di un rapporto simmetrico � nel quale, cio�,
la responsabilit� della relazione � condivisa da ambedue i partner in
interazione (es.: fratelli, amici, collaboratori) � o asimmetrico, nel quale,
invece, uno dei due ha la responsabilit� primaria della relazione (es.: nei
contesti dell�educare, del guarire e del governare).
Nella vita fraterna sono presenti anche conflittualit� asimmetriche, ma
questa riflessione riguarder� prevalentemente i conflitti tra fratelli, in un
contesto simmetrico.
LA FRATERNIT�
� DESTRUTTURANTE
Pu� sembrare paradossale, ma l�essere fratelli � una delle esperienze
pi� destrutturanti della condizione umana. Il fratello � colui che mette in
crisi in modo irreversibile la nostra pretesa o illusione di essere al centro
dell�affetto dei genitori. Il fratello ci rimanda al nostro ineliminabile
limite: perch� i genitori hanno avuto l�esigenza di dare vita ad altri e li
amano come noi? La fraternit� si presenta come luogo della conflittualit�. E
non saranno certamente l�eguaglianza e la libert� a rendere gli uomini capaci di
fraternit�. Le guerre dentro la oikos, nella polis e nel mondo ci ricordano
questa insanabile conflittualit�.
Per offrirci la guarigione da questa dolorosa e necessaria ferita al
nostro narcisismo, Ges� di Nazareth, l�unigenito Figlio del Padre, rinuncia alla
sua ricchezza ed eredit� e diventa primogenito, fratello di tutti. Da unigenito
a primogenito: questo � il cammino kenotico del Cristo che non difende la
propria unicit�, non rifiuta il fratello, anzi si apre all�accoglienza di una
moltitudine di fratelli. La fraternit� � una relazione che si colloca al di l�
del potere e dell�accumulo di beni, dell�avarizia e dell�invida, della gelosia
e della possessivit�.
Ges� di Nazareth, primogenito come Caino, accetter� la condizione di
debolezza e di morte come Abele. Non � mai abbastanza sottolineata l�importanza
del grido degli ebrei sotto la croce: �Se sei Figlio di Dio scendi dalla
croce�. Forse non lo vogliono deridere ma gli chiedono di agire secondo
l�immagine di Dio che � nella loro mente: un dio potente, capace di sfuggire
alle durezze e ai limiti della condizioni umana. Un invito, quindi, a tornare a
essere il �primogenito�. Se fosse sceso avrebbe dimostrato di non essere uomo e
fratello fino in fondo; se fosse sceso dalla croce, gli uomini avrebbero imparato
a non uccidere Dio. Rimanendo sulla croce, Egli ha insegnato che non bisogna
uccidere l�uomo perch� fratello. Rimanendo sulla croce ha insegnato che
l�essere fratelli � una condizione che non ha eccezioni: si � fratelli di tutti
se si � disposti a essere fratelli degli ultimi, degli abbandonati a una croce
di rifiuto, di disprezzo, di morte.
La fraternit� si costruisce partendo da una posizione di grandezza che
si contrae, di forza che protegge e non schiaccia, di debolezza che rischia. Ai
piedi della croce, inoltre, la ferita del fratello percepito come nemico viene
guarita fino alle sue radici pi� profonde, nelle sue relazioni pi� arcaiche:
Maria, la madre di Ges�, proprio nel momento in cui le muore il Figlio, diventa
madre di tutti gli uomini. Nelle sue braccia, Maria accoglie il Figlio ucciso �
Abele � e i figli che l�hanno ucciso � Caino. Nel grembo della madre i figli si
ritrovano e si riconoscono come fratelli. � la madre colei che nella famiglia
si prende cura delle relazioni tra fratelli e li invita a cercare le vie della
fraternit�. La piet� diventa il luogo in cui accade il miracolo della �nuova�
fraternit�: quella in cui Francesco colloca se stesso e suoi frati. Certamente
il testo di Francesco: �Se la madre ama e nutre il proprio figlio carnale,
quanto pi� premurosamente uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale?�
(Regola Bollata, VI, 8) � la migliore esegesi esistenziale alla grande
rivelazione di Giovanni: �I quali non da sangue n� da carne, ma da Dio sono
nati�.
� interessante, a riguardo, l�insistere di Francesco perch� i suoi frati
si dimostrino �materni� e �fraterni�. � un�intuizione geniale che da una parte
lega la fraternit� alla maternit� come origine (un cattivo rapporto con la
madre complica e rende pi� difficile il rapporto con il fratello) dall�altra
sottolinea la qualit� del rapporto tra fratelli: prendersi cura l�uno
dell�altro come una madre. Francesco pone a fondamento della fraternit�
l�accettazione della propria nudit� e la fede nella provvidenza del Padre. Solo
dentro questa radicale solitudine e altrettanto radicale fiducia nel Padre, i
fratelli possono essere percepiti e accolti come doni da custodire. �Il Signore
mi diede dei frati...�.
In questa prospettiva Francesco indica una prima causa della
conflittualit� nella dipendenza o controdipendenza. I fratelli non devono
essere percepiti come quelli che sono obbligati a rispondere ai nostri bisogni
o come quelli cui attribuire la responsabilit� delle cose che non vanno. La
parit� tra fratelli � innanzitutto questa accettazione della propria solitudine
e della propria responsabilit�. Si tratta di passare dalla prospettiva del se
(�se l�altro fosse pi� accogliente, lo sarei anche io�) a quella del nonostante
(�nonostante la non accoglienza dell�altro, io decido di essere accogliente�).
Non accusare n� pretendere.
Un�altra causa di conflitto � l�attaccamento alla propria volont� o ai
doni ricevuti come se fossero beni nostri. Anche invidiare il fratello per i
doni che il Signore gli ha fatto (e che noi avremmo voluto) � alla base di
molte conflittualit� (gelosie e invidie). Anche il peccato del fratello � sia
superiore o frate � non pu� essere portato a giustificazione della
conflittualit�. Nella Regola non bollata, al capitolo V, Francesco svela che
molte ire e turbamenti per il peccato dell�altro sono in realt� mancanza di
consapevolezza del nostro peccato. Nell�Ammonizione XI dir�, riprendendo questo
tema, che c�� qualcosa di �proprio�, qualche attaccamento se perdiamo la pace
per il peccato dell�altro.
� una indicazione sapienziale che ci illumina anche sulla vera
correzione fraterna. Perch� questa sia un dono al fratello (cf. Mt 18) non deve
partire da nostri bisogni o dalla nostra sottile percezione di essere migliori,
ma dalla libert� del cuore che si manifesta quando non si ha nel cuore il
desiderio di correggere il fratello e non ci si turba o adira se il fratello
rifiuta la correzione (forse siamo noi che abbiamo sbagliato il tempo o le
parole). Nella correzione fraterna si rispetta il fratello se gli si chiede, con
sincero interesse, il suo punto di vista sul comportamento in questione e se ci
si limita a descrivere i suoi comportamenti senza valutarli o interpretarli.
Neppure la malattia (fisica o psichica) del fratello pu� essere considerata
ragione valida per la conflittualit�: in una sapiente prospettiva �circolare�,
Francesco richiede al frate che cura tanta pazienza e amore ma non dimentica di
ricordare al frate curato di non avere pretese eccessive.
Se guardiamo con onest� il cuore ci accorgiamo che anche il fratello
strano diventa occasione di conflittualit� solo perch� non risponde alle nostre
attese e rivela i limiti della nostra accoglienza.
PERCORSI FORMATIVI
NEL CONTESTO ODIERNO
Oggi molta conflittualit� � connessa alla nuova cultura della
soggettivit� che ha sottolineato l�importanza (forse anche la necessit�) che
ogni individuo esprima il proprio pensiero e si realizzi al massimo. L�emergere
delle individualit� provoca la frantumazione in una molteplicit� di punti di
vista e di vissuti. Non � ignorando questo ineliminabile dato di fatto che si
supera la conflittualit� ma attraversando le sfide della soggettivit� e della
frantumazione. Solo se ascoltate e accolte le soggettivit� imboccano la strada
di una relazione creativa e vitale. In questo contesto i conflitti, peraltro
inevitabili, diventano luogo e occasione di crescita sia nella conoscenza di s�
sia nella qualit� della relazione.
Vediamo di indicare alcuni di questi percorsi:
� il conflitto � costitutivo delle relazioni umane in quanto richiesto dalla
necessit� della differenziazione. Il no della madre al bambino e il no del
bambino alla madre, anche se dolorosi, permetteranno a entrambi di separarsi da
una fusione oppressiva e riconoscersi come differenti nelle attese, nei ritmi,
nei gusti. Comprendere la dinamica evolutiva della conflittualit�, la sua
spinta alla differenziazione, piuttosto che giudicarla o negarla, � il primo
passo di un cammino di adattamento creativo, di maturit�.
� Il conflitto nasce dalla paura di fronte alle differenze, le quali,
invece, hanno il compito di ricordarci che siamo diversi perch� siamo poveri
(non abbiamo tutto), perch� dobbiamo condividere (la diversit� come dialogo) e
dobbiamo integrarci (la diversit� come ricchezza).
� Il conflitto � fase inevitabile di ogni incontro e di ogni storia. �Il
riconoscimento dell�altro � dir� Gadamer � � sempre terreno di lotta�. In ogni
storia di amore c�� sempre la fase in cui la delusione o il tradimento
richiedono un�accettazione dell�altro nella sua realt� e non nell�immagine che
di lui ci siamo fatti. Conflitto come travaglio di parto dall�ideale dell�altro
all�altro reale.
� Il conflitto come momento in cui si rivela l�intimo dei cuori.
Attraverso l�analisi del conflitto si pu� prendere consapevolezza degli
attaccamenti: le paure, le rabbie rivelano sempre un cuore non libero dalla
dipendenza e dall�appropriazione. Chiedersi quale � il timore pi� profondo in
un conflitto � il modo migliore per crescere a livello umano e di fede. In
questo cammino diventa necessario comprendere la differenza tra �occasione� e
�motivazione�: l�altro non � mai la causa delle nostre tensioni ma ne �
l�occasione. Assumersi la responsabilit� dei propri sentimenti significa
imboccare le vie del cambiamento.
� Il conflitto come apprendimento della relazione. Dalla prospettiva
lineare (�mi arrabbio perch� fai questo�, �faccio questo perch� tu ti arrabbi�)
� necessario passare alla prospettiva circolare che non cerca chi ha ragione e
chi ha torto ma guarda ai vissuti dei due partner coinvolti. Nella prospettiva
circolare ognuno �, nello stesso tempo, vittima e carnefice. Ecco perch�
diventa utile chiedersi in che modo ognuno contribuisce a mantenere aperto il
conflitto. Diventare consapevoli del modo in cui ognuno provoca ci� di cui si
lamenta � la nuova saggezza relazionale. Intriganti e pionieristiche le belle
pagine di Doroteo di Gaza nei suoi Insegnamenti Spirituali (proposte per il
luned� e il marted� della nona settimana per annum nell�ufficio delle letture).
Si tratta di passare dalla prospettiva dell�alterit� (mi prendo cura di
lui come �altro�) alla prospettiva della relazione (l�altro mi appartiene) per
cui non esiste il fratello difficile ma vi sono delle relazioni nelle quali io
ho difficolt� con un fratello. In questa prospettiva di reciprocit�, un dialogo
chiarificatore delle conflittualit� si moduler� in caratteristiche ben precise:
dire il proprio punto di vista con umilt�, consapevoli che si tratta solo del
nostro punto di vista, essere attenti a comprendere la prospettiva dell�altro
cos� come l�altro la vive, chiedere le cose che non si sanno (invece di
indovinarle), accettare che, a tratti, si pu� non capire l�altro e rispettarlo.
Anche nell�accompagnamento spirituale � necessario assumere la prospettiva
circolare. Di fronte al formando che si lamenta di un comportamento del
fratello, dopo averlo ascoltato e aiutato a comprendere il coinvolgimento del
proprio cuore, sar� utile chiedergli: �se l�altro fosse presente al nostro
dialogo cosa direbbe?�. Essere capaci di assumere con esattezza il punto di
vista dell�altro � condizione preliminare di ogni elaborazione di
conflittualit�.
� Il conflitto come spia di un nodo �teologale�. Francesco, in modo
geniale, svela un trucco del cuore umano quando afferma che il peccato di
invidia � peccato di bestemmia (ammonizione ottava). Dietro ogni litigare tra
gli uomini c�� una domanda di fondo: perch� Dio permette questo? Perch� Dio non
mi ha dato un fratello meno �difficile�? Perch� Dio non mi ha dato tutto?. Ogni
conflitto fraterno rimanda a un conflitto con Dio. Solo riconciliandosi con il
Donatore dal nostro cuore scomparir� l�invidia e la rabbia, la paura e la
pretesa e saremo capaci di ringraziare il Signore per i doni che ha dato a noi
e quelli dati al fratello.
� Il conflitto come luogo del peccato e del perdono. � stato scritto che
la comunit� � luogo di festa solo se � anche luogo di perdono: non si pu�
vivere bene assieme senza perdonarsi. E necessario stare attenti al perdono
egocentrico che trasforma l�altro in cattivo (noi �sensibili�, gli altri
�insensibili�). Prima di perdonare � sempre meglio chiarire con il fratello e
accertarsi di non averlo frainteso. Se, nonostante una profonda onest�
nell�ascolto di s� e dell�altro, rimane forte la sensazione di aver subito un
torto che l�altro non vuole o non pu� riparare, allora inizia il processo lungo
e faticoso del perdono. Le ferite si guariscono con il perdono a Dio e al
fratello per la perdita che abbiamo subito.
Attraverso il perdono, in un modo misterioso, ritroviamo l�integrit� e
la pienezza che temevamo danneggiate irrimediabilmente dal fratello. Restare
uniti al fratello, nonostante tutto, � l�unica strada che porta a pienezza.
Anche Ges� di Nazaret ha dovuto imparare sulla croce a perdonare in quanto
uomo. Prima ha perdonato come Dio (�Va�, ti sono rimessi i tuoi peccati�),
sulla croce ci dona un altro perdono, il perdono da uomo ucciso, da Abele
sacrificato: �Padre non imputare loro questo peccato, non sanno quello che
fanno�. In altre parole, essi rimangono miei fratelli. In questo dono perfetto
di Ges� di Nazareth � abolita ogni scusa che l�uomo accampa per non perdonare
il fratello. Abele deve, lentamente ma decisamente, imparare a perdonare Caino.
� questo il compito vero di ogni conflittualit�: insegnare che il legame
con il fratello, sempre e comunque, � l�unica strada che riapre la speranza nel
cuore di chi perdona e di chi � perdonato.
1 SALONIA G., Vita Minorum, n. 1/2004, pag. 85-95.