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Le guerre hanno quasi sempre motivazioni economiche: in assenza del mercato, quando uno dei contraenti non è contento o vuole assumere il sopravvento sull’altro, allora il conflitto assume toni violenti. La storia dell’umanità è un lungo elenco di conflitti. Anticamente, giunta la bella stagione, quasi automaticamente il capo tribù o il monarca trascinava il suo esercito in guerre di conquista per assicurare sempre nuove ricchezze e territori al suo potere. La popolazione pativa la guerra quando i campi erano devastati dalle armate o quando le truppe nemiche entravano nelle città distruggendo, violentando, uccidendo. Attorno alla guerra nacque una rielaborazione filosofica, culturale, mistica e persino una sorta di galateo. Si è parlato, nel corso dei secoli, dei nemici interni ed esterni: avere un nemico serve a definire l’identità di un gruppo umano. Oggi molte guerre vengono presentate come azioni di polizia, dunque reazioni contro un crimine commesso dal nemico. Tuttavia, per uccidere e per andare in guerra è necessario non solo convincersi che la vita di chi si deve combattere non vale quanto la nostra, ma anche che il nemico non appartiene pienamente all’umanità. Ecco spiegato il lessico impiegato, che tende a svilire, criminalizzare e disumanizzare il nemico.

 

Il faraone Ramesse II calpesta col suo carro i nemici conquistati. Osservate bene come l’autore di questa opera d’arte metta in risalto la superiorità fisica del faraone, che da solo riesce a sconfiggere i nemici, i quali perdono completamente la dignità al punto da essere calpestati dal carro del monarca.

Achille trascina il corpo di Ettore (vaso greco, VI secolo a.C.). Nota è la vicenda della terribile ira che colse Achille allorché venne a sapere della morte dell’amico Patroclo. Tale rabbia lo spinse a violare il corpo del nemico e a rifiutarsi di consegnarlo ai familiari affinché potesse ricevere degna sepoltura. In questo modo Achille intendeva privare Ettore della pace dopo la morte.

Morti in trincea durante la Prima guerra mondiale. Tali fotografie vennero mostrate in un primo momento per sostenere la propaganda favorevole alla guerra e in seguito come documento dell’immane carneficina commessa in quei terribili anni del conflitto mondiale.

L’uso di esporre il corpo del nemico ucciso si è rivelato addirittura come arma nei confronti di chi si intende colpire. Seguendo questa logica, i terroristi del Daesh hanno messo in rete decapitazioni, cumuli di teste mozzate, corpi vilipesi. Lo scopo è duplice: far sorgere un senso di forza e di rivendicazione nei musulmani che abitano in Occidente e colpire la sensibilità degli occidentali, provocando in essi un senso di instabilità e di pericolo.

Inutile strage

«Nel presentarle pertanto a Voi, che reggete in questa tragica ora le sorti dei popoli belligeranti, siamo animati dalla cara e soave speranza di vederle accettate e di giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage».
(Benedetto XV, Lettera del Santo Padre Benedetto xv ai capi dei popoli belligeranti, Dal Vaticano, 1° Agosto 1917)

Cultura di pace

«Questa cultura di pace, infaticabile nel favorire sempre il dialogo come strumento per risolvere le controversie, in determinate situazioni, e come “ultima ratio”, non può escludere il ricorso alla forza se ciò venisse richiesto dalla difesa dei giusti diritti di un popolo, o dalla necessità di mantenere la pace tra vari contendenti al fine di evitare stragi di popolazioni innocenti: in simili casi si tratterebbe di una legittima e doverosa ingerenza umanitaria, mirante a salvare vite umane e a proteggere persone deboli e indifese e, in ultima analisi, a portare solidarietà e pace sotto l’egida della comunità internazionale. Questa visione del militare, che porta solidarietà e pace con i mezzi che gli sono propri, è ricca di valore e di dignità».
(Giovanni Paolo II, Discorso ai cappellani militari d’Italia, 19 ottobre 1995)