Storia di un popolo

La storia degli antichi

Noi riteniamo sia possibile ricostruire un periodo storico partendo dai documenti. Ma a volte finiamo per attribuire al lavoro degli storici quello che si adatta piuttosto ai cronisti. In realtà fare storia significa non solo riportare, raccontare degli eventi accaduti, ma anche formulare interpretazioni su quei fatti e perché l’atto sia corretto bisogna saper porre le domande giuste ai documenti in nostro possesso perché, in caso contrario, essi rimangono muti e si limitano in modo asettico a registrare ciò che è avvenuto. Tuttavia chi pone le domande è una persona che appartiene a una cultura, e riflette una visione del mondo particolare.
Allo stesso modo, anche gli antichi non fecero semplicemente una cronistoria: essi non vollero trasmetterci fatti nudi e crudi, ma piuttosto l’interpretazione di questi avvenimenti. Allo stesso modo quando studiamo la storia ebraica, come quella di quasi tutti i popoli antichi, dobbiamo pensare che essi avevano l’intenzione non di stilare un elenco impersonale di vicende, quanto ricordare l’esperienza vissuta e ciò che avevano imparato. Nel caso degli Ebrei, la storia del popolo si intreccia con l’esperienza che Israele fa di Dio ed è prima di tutto questo che gli autori sacri vogliono ricordare. Così ciò che troviamo nella Bibbia è la storia religiosa dei rapporti tra Dio e il suo popolo, la meditazione profonda e la rilettura che Israele dà di questa esperienza dentro gli accadimenti storici.

La nascita del popolo di Israele

La Bibbia ci motiva la presenza di Ebrei in Egitto a causa di una carestia (Genesi 45,10; 46,28-29; 47,1). Scesi in Egitto per poter sopravvivere, qui vennero a trovarsi in una situazione assai sfavorevole per la loro vita: lavori forzati (ESODO 1,8-14); obbligo di costruire più mattoni facendo a meno della consueta fornitura di paglia (Esodo 5,6-23); uccisione dei figli maschi (Esodo 1,15-22).
Nella tradizione ebraica il racconto del passaggio del Mar Rosso risulta di importanza fondamentale. Esso costituisce l’atto di fede fondamentale di Israele in Dio. Questo fatto, che gli Israeliti ritengono veramente storico oltre che tradizionale, ha sancito in un certo senso la nascita di Israele come popolo che con l’aiuto di Dio è diventato indipendente e libero.
Israele, guidato da Mosè, fugge dalla schiavitù incamminandosi verso i confini del regno egizio, per raggiungere la via carovaniera che conduceva alla Terra di Canaan. Ben presto il popolo raggiunse la zona detta «dei laghi Amari»: di lì solo un tratto del cosiddetto «Mar dei Giunchi» separava Israele dalla libertà. Israele però scoprì di essere inseguito dall’esercito del faraone che aveva inviato i suoi soldati per ricondurre i fuggiaschi in schiavitù. In quel momento si manifestò a Israele la potenza di Dio. Egli ordinò a Mosè di stendere il suo bastone verso il mare: le acque si divisero e apparve l’asciutto. L’esercito del faraone si lanciò all’inseguimento del popolo in fuga, ma le acque tornarono al loro posto, richiudendosi sugli Egizi. Con questo grandioso miracolo del mare, Dio liberò il suo popolo dalla schiavitù e lo incamminò verso la Terra Promessa. Secondo il racconto biblico, è nel deserto che Israele matura la convinzione di essere un popolo legato a YHWH in modo speciale. Tuttavia Israele dovette comprendere che era necessario lasciarsi condurre dal proprio Dio ed essere disposto a modificare la sua mentalità.
Il rapporto fra Dio e Israele si fece pieno e maturo proprio con il miracolo del mare. Dio salvò il suo popolo e Israele capì di essere davvero il popolo eletto scelto dal Signore.

La storia di Israele


XVIII-XIII secolo a.C.


In questo periodo, il territorio in cui si sarebbe insediato il popolo ebraico era abitato da un gruppo di popoli detti Cananei, popolazione da cui derivò il nome di Terra di Canaan. Essi vivevano in piccole città-stato isolate, a volte in alleanza e a volte in guerra tra loro.
In questo periodo, nell’area della Terra di Canaan, giunsero gruppi di tribù che presero contatto con le popolazioni SEDENTARIE. Si trattava di popoli NOMADI che allevavano pecore e capre e praticavano sporadicamente la razzia. A poco a poco queste popolazioni avrebbero cercato di sedentarizzarsi. Tradizionalmente Israele fa risalire le proprie origini al periodo in cui erano vissuti i patriarchi. Si tratta di un patrimonio di memorie di esperienze custodite nei secoli e attribuite a un gruppo di uomini di cui il primo è individuato nel patriarca Abramo. La tradizione che rileggerà le memorie legate ad Abramo risale al periodo successivo all’esilio a Babilonia. Forse per questo Abramo è descritto come un uomo che venne chiamato da Dio in una località detta Ur dei Caldei, in Mesopotamia.
Ad Abramo, secondo la fonte sacerdotale che realizza quest’opera di rilettura, Dio chiese di lasciare la sua terra e di andare verso un luogo che non conosceva, la «Terra Promessa». Abramo accettò e partì.


XIII-XI secolo a.C.


Quello che in seguito sarebbe stato il popolo di Israele venne a costituirsi attraverso alleanze, matrimoni misti, commerci. La società di questi gruppi era di tipo tribale e clanico. Ogni gruppo si identificava con un fondatore eponimo. Col passare del tempo, la sedentarizzazione procedette. Oltre che dal capo tribù, l’autorità era gestita da un consiglio di anziani. Tra le tribù confinanti iniziarono a esserci stretti rapporti di alleanza per assicurare la protezione reciproca. In caso di pericolo per assedi, guerre, disastri naturali, le tribù potevano conferire autorità a un giudice che aveva funzioni di tipo militare e autorità di governo; tuttavia si trattava di una figura assolutamente straordinaria e non obbligatoria. La Bibbia ce li descrive come veri e propri salvatori del popolo, come «unti» (la parola Messia in ebraico significa appunto «unto con olio»).
In questo momento venne a formarsi la Lega delle Tribù che acquistava il numero simbolico di dodici. Questa lega aveva valore essenzialmente politico, ma venne posta sotto l’autorità di una divinità che aveva la sua Presenza nell’Arca dell’Alleanza custodita nella Tenda del Convegno. Le tribù riconoscevano di adorare tutte una medesima divinità e scelsero di rispettare una medesima legge.


XI secolo a.C.


Fu un periodo in cui Israele fu minacciato dall’influenza e dalla potenza del popolo dei Filistei. Si trattò di una minaccia molto grave che spinse Israele a cercare una nuova forma di governo. Il consiglio degli anziani si vide costretto a scegliere un re che fosse soprattutto abile in campo militare a cui affidare la difesa delle popolazioni e la sconfitta dei Filistei. A questo periodo possiamo far risalire le tradizioni che parlano dell’elezione di Samuele come profeta e capo del suo popolo.


X secolo a.C.


Primo re di Israele fu Saul. Saul non sarebbe rimasto a capo del suo regno per molto tempo. Iniziato con qualche significativa vittoria, il suo governo avrebbe avuto termine con la gravissima sconfitta della battaglia di Gelboe. Il potere passò dunque a Davide della tribù di Giuda, che si dimostrò un abile condottiero e astuto uomo politico. Dopo alcune battaglie riuscì non solo a sconfiggere i Filistei, ma li sottomise e li rese suoi tributari. Ottenuta la vittoria, il re convinse il Consiglio degli anziani a nominarlo re. Conquistata Gerusalemme, Davide vi pose la sua residenza e vi fece costruire una reggia. Alla sua morte, il potere passò al figlio Salomone che divise il suo regno in dodici distretti e procedette nei lavori iniziati dal padre: trasformò Gerusalemme ove avrebbe fatto ingrandire la reggia e costruire un tempio per il Dio dei Padri. Qui Salomone fece collocare l’Arca dell’Alleanza che il Padre aveva già fatto trasportare in città. Inoltre il re fece erigere in tutto il regno importanti opere pubbliche.

X-VI secolo a.C.


Le discriminazioni causate dal diverso trattamento che Salomone aveva riservato alle tribù fecero sì che, alla morte del re, i capi vollero ricontrattare col discendente i criteri del patto con la monarchia. Tuttavia il re non accettò neppure di discutere le richieste dei capi tribù. Questa chiusura causò la spaccatura del regno. Solo le tribù di Giuda e di Beniamino rimasero fedeli a Roboamo e alla dinastia davidica. Si costituì, in questo modo, il Regno del Sud o di Giuda con capitale Gerusalemme, città ove si trovava il Tempio.
Tutte le altre tribù elessero un re: Geroboamo. In questo modo ebbe origine il Regno del Nord o di Israele. La capitale fu posta in Samaria e il centro religioso sul monte Garizim dove venne eretto un santuario. Importanti erano anche i due santuari di Betel e Dan.
I due regni così divisi non godettero di una vita facile. In quel periodo infatti il potente impero d’Assiria cercò di espandersi sempre di più verso la Siria-Palestina: alla fine riuscì nel suo intento e la conquistò.
Minacciati dall’Egitto e dai regni mesopotamici i due regni cercarono di difendersi con alleanze, con le popolazioni vicine o con l’Egitto tradizionalmente nemico dell’Assiria. Tutto però sarà inutile. Nel 721 a.C. Sargon conquisterà il Regno del nord, mentre Giuda cadrà nel 586 a.C. nelle mani di Nabucodonosor; nel frattempo, infatti, i Babilonesi erano riusciti a conquistare l’impero assiro.


VI-III secolo a.C.


Il re Nabucodonosor deportò una parte della popolazione di Giuda, tra cui sacerdoti e nobili, a Babilonia. Nonostante la deportazione, la comunità ebraica si stabilì in quella terra e divenne molto forte, riuscendo a ripensare profondamente alla propria esperienza con Dio. È in questo periodo che iniziò il fenomeno conosciuto sotto il nome di diaspora, ossia la dispersione degli Ebrei tra i popoli pagani.
Nel 538 a.C. Ciro, re dei Persiani, attaccò e conquistò Babilonia e consentì agli Ebrei che lo desideravano di fare ritorno in patria. Alla guida del gruppo di esiliati, desiderosi di fare ritorno, ci fu Zorobabele, che, ritornato a Gerusalemme, cercò di organizzare il lavoro di ricostruzione del Tempio completamente distrutto. Verso il 400 a.C. giunse a Gerusalemme lo scriba Esdra che si impegnò per ristabilire il culto del tempio e il rispetto della Legge. Neemia giunse dall’impero per organizzare Gerusalemme e il suo territorio come provincia autonoma dell’impero persiano.


IV-I secolo a.C.


Nel 333 a.C. Alessandro Magno conquistò l’impero persiano, morendo però pochi anni dopo. Il suo immenso impero venne diviso tra i generali. Si formarono in questo modo i regni dei Tolomei, che controllavano l’Egitto, e dei Seleucidi, che governavano la Siria.
La Palestina in questo periodo era sotto il controllo dei Tolomei. La comunità ebraica fu protetta da questi nuovi signori. Agli Ebrei era concessa un’ampia autonomia. Una consistente comunità ebraica intanto prosperava in Egitto dove ad Alessandria viveva una delle più importanti comunità della diaspora. Tuttavia nel 200 a.C. la Palestina passò sotto il controllo dei Seleucidi che non si mostrarono così liberali. I Seleucidi volevano modificare la cultura ebraica e cancellare le tradizioni dei Padri. Gli Ebrei resistettero al tentativo di ellenizzazione. I fratelli Maccabei guidarono una sanguinosa rivolta nazionale sino a che nel 142 a.C. riuscirono a istituire uno Stato giudaico indipendente. I Maccabei fondarono una dinastia che avrebbe governato Israele per circa ottant'anni. Non fu un periodo pacifico: molte guerre espansive e le continue congiure di palazzo portarono lo scompiglio in Palestina. Furono proprio queste continue lotte intestine che favorirono l’intervento dei Romani. Nel 63 a.C. Pompeo occupò Gerusalemme ed entrò nel Tempio a cavallo.
Nel 30 a.C. Ottaviano Augusto riconosceva a Erode il titolo di re dei Giudei e di alleato di Roma.

I-II secolo d.C.


Erode, riconosciuto re alleato di Roma, fu un re violento e duro. Il popolo lo odiava. Erode si dedicò alla edificazione di grandi opere: fece sterrare e costruire il porto di Cesarea Marittima, le fortezze di Macheronte, Erodium, Faselide, Masada. L’opera più importante e grandiosa fu il nuovo tempio di Gerusalemme.
Alla morte di Erode il regno venne diviso tra i figli: Archelao governò su Giudea e Samaria, Erode Antipa governò su Galilea e Perea, Filippo governò su Gaulanitide e Batanea.
Passò poco tempo e il governo di questi re fu sostituito da quello dei procuratori romani che risiedevano a Cesarea Marittima. I Romani fecero sentire pesantemente il loro giogo sul popolo. La situazione vide un progressivo deterioramento sfociando in due rivolte sanguinose:
• La rivolta del 66-70 d.C. venne condotta dagli zeloti. I Romani intervennero per sedare la rivolta in modo spietato. Tito intervenne con il suo esercito e la Palestina subì una durissima repressione. Gerusalemme fu assediata per molto tempo. Il Tempio venne completamente depredato e distrutto. Gran parte della popolazione fu uccisa o deportata.
• Tra il 132 e il 135 d.C. avvenne la seconda rivolta con a capo Bar Kochba. La repressione fu sanguinosa. Gli Ebrei vennero deportati in massa. Gerusalemme fu completamente distrutta e ricostruita come città romana dedicata al culto dell’imperatore e di Giove Capitolino. In Gerusalemme nessun ebreo poteva entrare. Ebbe inizio in questo periodo la grande diaspora.


Dispersi in mezzo agli altri


Dopo le rivolte contro i Romani, gli Ebrei vennero sottoposti a una pesante dispersione forzata. Quando l’Editto di Costantino (313 d.C.) istituì il cristianesimo come religio licita, gli Ebrei vennero considerati una minoranza ostile e accusati della condanna a morte di Gesù. Per questo le condizioni di molti di loro peggiorarono. Essi non potevano insegnare la loro fede a chi non apparteneva al gruppo e convertirsi all’ebraismo venne considerato un reato grave. Gli Ebrei, pur conservando la possibilità di celebrare il culto e serbare la propria fede, non potevano costruire nuove sinagoghe.
Con le invasioni arabe anche gli Ebrei, pur tollerati perché monoteisti e appartenenti alla religione del Libro, dovettero assoggettarsi al pagamento della dhimma.
Questa pesante realtà era intervallata da periodi in cui essi potevano vivere più liberamente. Alcuni divennero mercanti mentre altri si specializzarono nel campo della medicina.


Il giudaismo rabbinico


Possiamo dividere il giudaismo rabbinico in due periodi.
Il primo è il periodo talmudico (II-VII secolo). Questo giudaismo sorse dopo le rivolte ebraiche e vide progressivamente le grandi scuole rabbiniche acquistare maggior importanza. Attorno al 200 venne fissata la Mishnah in cui venne raccolta una prima parte della Torah orale.
Il secondo periodo va dalla conquista araba (638) sino al momento in cui gli Ebrei vennero espulsi dalla Spagna (1492). È un’epoca in cui gli Ebrei hanno conosciuto una diaspora crescente. All’interno del mondo islamico, gli Ebrei adottarono l’arabo nei rapporti quotidiani e come lingua letteraria. Nei territori cristiani invece gli Ebrei continuarono a servirsi dell’ebraico come lingua letteraria. In questo modo si formò il giudaismo sefardita (da sefarad, termine che nel Medioevo era utilizzato per indicare la penisola iberica) dall’incontro delle culture ebraica e spagnola.
Il giudaismo ashkenazita, prende il nome da Ashekenaz termine con cui nel Medioevo in ebraico si indicava la Germania. La cultura ashkenazita era diffusa nelle regioni dell’Europa centrale e orientale. Questo gruppo di Ebrei parla lo jiddish una lingua originata dalla fusione dell’ebraico con l’antica lingua tedesca a cui vennero aggiunti termini slavi. Verso il basso Medioevo un gruppo di Ebrei provenienti dalla Francia si spinse nell’Italia del Nord, mentre altri preferirono la Russia.

La Shoah

Nel 1941 Hitler con altri capi nazisti maturò il disegno di sterminare tutti gli Ebrei. Nel gennaio del 1942 a Wannsee si radunarono alcuni ufficiali e lì ricevettero ordini per organizzare la «soluzione finale». Essa prevedeva che tutti gli Ebrei dovessero essere deportati in campi di sterminio. Migliaia di treni merci dal 1942 trasportarono singoli e intere famiglie ai lager. Gli uomini erano separati dalle donne. Le donne più deboli, gli anziani e i bambini venivano immediatamente trasportati alle camere a gas. I corpi, accatastati da Ebrei adibiti a questo triste compito, venivano seppelliti in fosse comuni o bruciati nei forni crematori. Gli uomini più robusti erano sfruttati come forza lavoro e sfamati con ridicole porzioni di cibo. I lager più conosciuti sono Auschwitz-Birkenau, Belezc, Treblinka in Polonia, Jasenovac in Croazia, Maly Trostents in Bielorussia.


La banalità del male


Hitler e i capi nazisti seppero organizzare una perfetta macchina di sterminio: tale meccanismo può essere paragonato a una perversa catena di montaggio. Ogni persona non doveva conoscere nei minimi particolari tutto ciò che avveniva, ma dedicarsi a realizzare unicamente l’incarico che aveva ricevuto. C’era chi doveva dare la caccia agli Ebrei che si nascondevano, chi li doveva raggruppare, chi provvedeva a sequestrare i loro beni, a suddividere le persone sui treni, a preparare i campi con baracche fatiscenti, a organizzare le camere a gas e i forni crematori: erano semplici funzionari, che decisero di non farsi domande e di obbedire.
Hanna Arendt (Hannover 1906 – New York 1975) nel libro La banalità del male (1963) volle dimostrare che per compiere azioni terribili è sufficiente vivere in un grigio ufficio e comportarsi come semplici burocrati. Proprio questa è la banalità del male: non chiedersi a che cosa serva la richiesta di costruzione di camere a gas, che cosa si voglia realizzare, ma limitarsi a inoltrare semplicemente la domanda.

Il Giorno della Memoria


Quando, il 27 gennaio del 1945, la 322° Divisione fucileri dell’Armata Rossa entrò nel lager di Auschwitz-Birkenau, chi vi faceva parte difficilmente potè credere allo spettacolo che si mostrava ai loro occhi. Oltre ai poveri resti di migliaia di donne e uomini sterminati, comparirono corpi denutriti e scheletrici abbandonati dai nazisti in fuga perché troppo deboli per essere spostati ed essere eliminati. Primo Levi si trovava lì perché gravemente malato: egli raccontò la sua terribile esperienza in alcuni romanzi: Se questo è un uomo (1947); La tregua (1963); I sommersi e i salvati (1986).
Ad Auschwitz morirono anche Edith Stein e Massimiliano Kolbe. Edith Stein (1891-1942) filosofa di origine ebrea, dopo aver conosciuto l’ateismo si era convertita al cattolicesimo e aveva preso i voti nell’ordine delle carmelitane scalze col nome di Teresa Benedetta della Croce. Nonostante fosse entrata in convento, venne arrestata e portata nel lager di Auschwitz-Birkenau con sua sorella Rosa. Entrambe morirono là. Massimiliano Maria Kolbe (1894-1941), prete e religioso francescano, divenne «martire dell’amore» (Giovanni Paolo II lo definì in questo modo) ad Auschwitz perché si offrì di sostituire un padre di famiglia che per rappresaglia era stato individuato per morire di fame in un bunker.
Proprio il 27 gennaio, giorno della scoperta di una verità da troppo tempo negata, che può essere ricordato come il giorno della liberazione del terribile lager di Auschwitz, è stato assunto come data per il Giorno della Memoria. È un giorno di lutto, in cui si ricorda lo sterminio di sei milioni di vittime.


Due domande terribili


Davanti ai fatti della Shoah gli Ebrei si posero due domande:
• Dov’era il Dio che ha liberato Israele dalla schiavitù dell’Egitto mentre i nazisti sterminavano milioni di Ebrei facendoli passare attraverso i camini? E ancora: che ne è delle sue promesse?
• Che cosa ha fatto di grave Israele per meritare questa persecuzione?
Il male compiuto nei lager è difficile da comprendere perché assurdo, inflitto senza giustificazione e dunque assolutamente gratuito. Si tratta di un male realizzato con accanimento di cui si sono resi responsabili non solo gli aguzzini dei campi, ma anche coloro che l’hanno ridotto a semplice routine burocratica. Per comprendere quanto è accaduto si può evocare la figura di Giobbe che fa esperienza del male, pur essendo giusto. Ma dell’Olocausto si può e si deve anche parlare per far sì che gli uomini non debbano mai più comportarsi così, perché la routine burocratica del male è appunto ciò che accade quando l’uomo dimentica Dio. Non è dunque Dio a essere responsabile del male accaduto ad Auschwitz, ma l’uomo.